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"Sappiamo sorprendere Ecco perché gli italiani insegnano sport a tutti"

Parla il tecnico globetrotter del nuoto scelto dal fenomeno sudafricano Chad Le Clos

"Sappiamo sorprendere Ecco perché gli italiani insegnano sport a tutti"

Dietro ogni campione c'è sempre un grande allenatore. Nel nuoto, la figura di un tecnico preparato a bordo piscina è essenziale per raggiungere certi traguardi. Mica facile spronare un atleta e spingerlo oltre il proprio limite. E parlando di allenatore e limiti, di certo va menzionato Andrea Di Nino. Un tecnico dal curriculum vitae invidiabile per moltissimi colleghi. Non è un caso se un altro fenomeno del nuoto internazionale, il sudafricano Chad Le Clos, abbia scelto il tecnico romano.

Il 24enne di Durban ha voglia di riscatto dopo un Olimpiade in cui ha vinto solo due argenti. Ma è uno che ambisce a dominare il panorama natatorio e può vantare di essere stato uno dei pochi a strapazzare Phelps, che non ha mai accettato la sconfitta e che non perdeva, prima di quella finale dei 200 farfalla dei Giochi di Londra, da sei anni. Si infuriò così tanto, che per stizza lanciò la cuffia. Aveva appena visto sfumare il record di tre ori consecutivi in tre Olimpiadi consecutive nei 200 farfalla.

Di Nino, cosa ha spinto Le Clos a sceglierla?

«A sentire Chad la mia esperienza decennale con i delfinisti più forti al mondo, a parte ovviamente Phelps, da Cavic a Korotyshkin da Dunford a Govorov. Oltre ad aver trovato già una grande sintonia tecnica e di feeling umano nella nostra prima telefonata ai primi di ottobre».

Le Clos può raccogliere l'eredità di Phelps?

«Quello che li accomuna è la grande fame di vittorie. Se i due argenti olimpici di Rio ti lasciano completamente insoddisfatto vuol dire che sei veramente "affamato" di testa».

Usa, Brasile, Trinidad Tobago, Ucraina, Serbia, Grecia, Russia, Bielorussia, Kenya, Belgio e Sudafrica. Questo l'elenco di paesi per cui ha lavorato. È un giramondo?

«Mi sono sempre sentito cittadino del mondo da quando sono andato in Florida ad imparare il mestiere 13 anni or sono».

Ma ora lavora a Caserta ed è presidente dell'ADN Swim Project. Di cosa si tratta?

«È il primo e al momento unico club professionista di nuotatori solo stranieri. Abbiamo 10 anni di storia ormai e tanti successi internazionali alle spalle. Il nostro progetto dall'inizio è stato replicare il modello professionistico dei club di basket e pallavolo. E avere come amici due grandi dirigenti di basket come Claudio Coldebella e Marco Aloi ci ha fatto crescere tantissimo nella struttura organizzativa».

Cosa hanno in più gli allenatori italiani rispetto ad altri?

«Importanti basi metodologiche, cura dei dettagli, una diffusa cultura di base, utili nel gestire le relazioni interpersonali al meglio. Il tutto abbinato al nostro entusiasmo, che spesso contribuisce a rendere più coinvolgente l'allenamento e a sorprendere atleti o squadre straniere».

All'estero, com'è visto il nuoto azzurro?

«Con grande rispetto, vista la continuità di 16 anni di grandi risultati olimpici. Considerando il bacino dell'Italia possiamo essere orgogliosi dei nostri tecnici e atleti. Fare nuoto soprattutto in periferia non è facile ma ci sono almeno 100 allenatori che meriterebbero palcoscenici più semplici dove poter mettere in mostra le loro doti. Sono certo che il livello medio dell'allenatore italiano è superiore a quello dei colleghi statunitensi».

Non ha mai allenato nuotatori italiani. Cosa pensa di Paltrinieri?

«Gregorio è l'esempio del nuotatore ideale: serio, umile, talentuoso ed eticamente strutturato. Il perfetto modello e testimonial dell'Italia che vince unendo talento a sacrificio personale».

Qual è il segreto del successo di Andrea Di Nino?

«Aver creduto nel mio sogno, investendo tutto me stesso in risorse esterne al nuoto, ovvero cercando di imparare dai grandi allenatori e dirigenti dello sport italiano e straniero. Con l'orgoglio oggi di poter dire senza falsa modestia che 12 anni dopo la nascita di A.D.

N abbiamo creato un unicum mondiale».

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