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Sarà cinese e un po' americano Lo United il modello da imitare

Mr. Li a Milano, operazione da 720 mln. Decisivo il fondo Elliott. Sarà proprietario se il prestito non verrà saldato

Sarà cinese e un po' americano Lo United il modello da imitare

Yonghong Li è atterrato alle 7.20 di ieri mattina all'aeroporto di Malpensa con un volo proveniente da Hong Kong. Mister Li ha una missione: diventare il nuovo proprietario del Milan rilevando il 99,93% dalla Fininvest della famiglia Berlusconi. La firma all'accordo dovrebbe essere messa oggi nello studio legale Gianni Arrigoni e partners in piazza Belgioioso, a Milano. Poi Li, con il resto della delegazione cinese, dovrebbero recarsi ad Arcore a cena da Silvio Berlusconi. Domani è invece fissata l'assemblea degli azionisti che dovrà ratificare l'intesa e nominare il nuovo cda.

In tutto, l'imprenditore cinese metterà sul piatto 720 milioni di euro cash. Secondo quanto riferisce il sito Calcio&Finanza, finora ha versato nelle casse della Fininvest circa 250 milioni ma deve ancora metterne sul piatto altri 270 per arrivare ai 520 necessari a rilevare la quota, oltre a mettere a disposizione della società 150 milioni e pagarne a Fininvest altri 70 per rimborsare il prestito che la holding dei Berlusconi ha concesso al club per finanziare l'esercizio corrente. Fininvest incasserà complessivamente 590 milioni. Nel Milan ne arriveranno circa 150 che potrebbero servire a rimborsare il debito in essere con le banche per poi aprire nuove linee di credito per finanziare la campagna acquisti 2017-2018. Una parte della caparra sono fondi propri, altri sono stati messi a disposizione della banca cinese Huarong.

Circa 300 milioni, ovvero la parte più consistente, verranno invece finanziati dal fondo Elliott attraverso un prestito con scadenza a 18 mesi sul quale Yonghong Li pagherà un interesse di circa l'11%. Al termine dei 18 mesi l'uomo d'affari cinese dovrà quindi versare al fondo circa 350 milioni tra capitale e interessi maturati. Se non lo farà, Elliott potrà escutere la garanzia sul 100% del Milan diventando il proprietario.

L'intervento del fondo Usa è stato decisivo per sbloccare l'operazione sulla vendita del club rossonero. È entrato in partita a fine marzo accompagnato dalla società londinese Blue Skye. Pare che ad attirarlo sull'operazione sia stata la possibilità di trasformare il club in una sorta di media company sul modello Manchester United, che al netto dei risultati sul campo raddoppia i ricavi grazie alle sponsorizzazioni, licenze, merchandising, e diritti televisivi visto che la squadra dei Red Devils ha lanciato, prima di altri, un proprio canale tv attivo in 90 Paesi.

Ma chi è Elliott? La società di gestione del fondo è stata fondata nel 1977 dal finanziere americano Paul Singer (73 anni e un patrimonio personale di 2,3 miliardi di dollari secondo Forbes) ed è oggi un colosso che gestisce asset per 31 miliardi di dollari. In Italia è finito di recente alla ribalta delle cronache finanziarie conquistando la fama di fondo attivista: un anno fa i fondi di Elliott Management Corporation sono entrati nel capitale di Ansaldo Sts, società genovese il cui controllo è passato da Finmeccanica (oggi Leonardo) al colosso giapponese Hitachi. Il fondo ha rastrellato azioni in Borsa arrivando progressivamente ad una partecipazione potenziale di circa il 30% dando vita ad un braccio di ferro sul governo societario con il management espressione dell'azionista giapponese. Nel caso del Milan, a mister Li è stata concessa quella che tecnicamente viene definita una Special Situation, cioè un prestito anche oneroso e con tassi d'interesse alti a fronte però di garanzie ben precise che possono essere la cessione in futuro di quote del club nel caso i soldi non rientrino, o alcune ipoteche sul piano industriale e in vista di un futuro riassetto nel caso poi la squadra dovesse essere rivenduta a terzi. L'interesse di fondi come Elliott non è riscattare l'asset indebitato, ma rientrare dell'investimento. E se Li non restituisse i soldi, il fondo potrebbe rilevare il club, pulirlo dai debiti ed eventualmente rivenderlo a terzi. Comunque vada, sarà un successo.

O meglio, un buon affare.

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