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La "capitana" dell'Italia femminile: "Il Paese migliora se è multietnico"

La sfida della capitana della nazionale di calcio femminile, Sara Gama, verso il mondiale di giugno in Francia: "Sono il volto di una società globalizzata, siamo mescolati e gli incroci ci migliorano"

La "capitana" dell'Italia femminile: "Il Paese migliora se è multietnico"

Ormai manca esattamente un mese al fischio d’inizio dei campionati del mondo di calcio femminile che si disputeranno in Francia e dopo il successo di pubblico per Juve-Fiorentina, che ha portato all’Allianz Stadium oltre 40mila tifosi, ora i riflettori sono tutti puntati sulla squadra azzurra.

Una nazionale che ha il volto di Sara Gama, madre istriana e padre congolese, a trent’anni ha vinto due scudetti e una Coppa Italia con la Juventus e ora guida le azzurre del calcio nell’avventura che si preparano ad affrontare Oltralpe. Un’impresa non impossibile, assicura, quella di passare almeno il girone. “La squadra ha tanta qualità, è cresciuta a livello fisico”, dice in un’intervista al quotidiano La Stampa. “Non si va a fare le comparse”, promette.

E traccia il profilo della nuova Italia del calcio femminile che esordirà il 9 giugno contro l’Australia a Valenciennes. Una squadra che è lo specchio di un mondo sempre più multietnico e globalizzato. Su una cosa non ha dubbi: “Siamo mescolati e gli incroci ci migliorano – spiega al quotidiano di Torino - più lo vedi e più ti ci abitui”. Non ha paura dei cori razzisti, Sara. Bisogna “individuare gli agitatori”, incalza. Bloccare le partite per i “buu” non serve a nulla. Si rischia di diventare “ostaggio” degli estremisti. “La miglior risposta è sempre l’indifferenza”, è convinta.

“Resta il fatto – continua però nell’intervista - che se la nostra società è intollerante e istiga all’odio questo atteggiamento si riversa anche negli stadi”. “Qui siamo convinti che tutti vogliano venire in Italia e occupare il nostro spazio ma non è vero”, continua la giovane sportiva che sogna un futuro da vere professioniste per lei e le sue compagne. Il gap con gli uomini in un ambiente che giudica “maschilista” è ancora enorme, ammette la leader delle azzurre, ma è convinta che “un giorno parleremo di calcio e basta, senza declinare il genere”.

“Oggi alla Juve ci alleniamo fianco a fianco con gli under 23 - spiega nell’intervista - loro si abituano, crescono con noi e ci danno per scontate”.

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