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Sarri, le dimissioni "eccezionali" e un film già visto

Il tecnico della Lazio e la scelta choc in un mondo di privilegiati. Piazza e giocatori contro: come alla Juve e al Chelsea

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Se dovessi utilizzare il linguaggio abituale del senatore Claudio Lotito, l'allenatore della Lazio Maurizio Sarri ha presentato le dimissioni sua sponte coacta, spontaneamente costretto. Già l'atto di farsi da parte rappresenta un fatto eccezionale in un sistema di privilegi ultramilionari ma il tecnico toscano ha infine compreso di non poter più continuare il proprio lavoro in un ambiente e in un clima avversi, quindici sconfitte tra Champions league e campionato, una squadra scivolata dal secondo posto dello scorso torneo all'attuale nono, fuori da ogni prospettiva europea e con la sola possibilità della coppa Italia, nelle due semifinali contro la Juventus. Si ripete, per Sarri, lo stesso epilogo verificatosi a Londra con il gruppo del Chelsea e a Torino con lo spogliatoio della Juventus, un divario di idee, un contrasto caratteriale, una divergenza di idee tecniche e tattiche con i calciatori, comunque responsabili di prestazioni largamente insufficienti.

La propaganda sarrista, secondo costumi di una ignoranza diffusa e professata dai nuovi opinionisti, si rivela vuota, affollata di parole e priva di sostanza. Il gioco di Sarri non prevede cambiamenti in corso, le sue squadre sviluppano lo stesso football, palla a terra e due tocchi, in caso di vantaggio, svantaggio o risultato di parità. Va da sé che la partenza di Milinkovic Savic, l'unico interprete di un calcio geniale e fuori dagli schemi da lavagna e taccuino, abbia tolto alla Lazio la fluidità e la bellezza che il serbo riusciva a garantirle, smascherando i limiti di un disegno fisso, rigido, secondo i dettami di un calcio che ha smarrito la sua originalità di divertimento e imprevedibilità. Ci sono poi motivi di carattere e comportamenti non sempre lineari e opportuni per un professionista che spesso si è nascosto dietro alibi puerili, le condizioni del terreno di gioco, l'orario di inizio delle partite, il calendario, un repertorio inutile senza un segnale di modifica e di miglioramento.

Sarri non è mai entrato nella pelle del popolo laziale, soprattutto per il contemporaneo clamoroso successo dell'ex Simone Inzaghi, le dimissioni vengono lette come una liberazione finale dopo una convivenza difficile e contrastata anche nei rapporti del toscano con il sulfureo presidente ma è anche vero che le dimissioni denunciano una dignità o coerenza, virtù rare, nelle aziende calcistiche. Non è stato necessaria una mozione di sfiducia dello spogliatoio, era palpabile una certa insofferenza di alcuni laziali, da Luis Alberto a Immobile, dunque i cosiddetti veterani, come era accaduto a Torino con Chiellini e Bonucci, al Chelsea Sarri fu accusato di non saper motivare il gruppo e di essere incapace ad adattarsi e a cambiare, perché aveva in testa una sola idea (one-trick pony), al punto che gli avversari, dopo un ottimo avvio del Chelsea in Premier League, avevano capito quale fosse il sistema gioco e questo era stata la sua rovina. Ora Claudio Lotito deve scegliere la soluzione migliore per il futuro, fermo restando la figura ad interim per le prossime dieci partite di campionato e le due semifinali di coppa Italia contro la Juventus. La Roma del calcio si è liberata di due sedicenti icone, Mourinho e Sarri, entrambi reduci da se stessi.

Il bello deve ancora venire.

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