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Sassari come Cagliari, lo scudetto dei ribelli

I diavoli multietnici della brigata cestistica Sassari ieri hanno sfilato davanti al loro popolo adorante dopo aver passato la notte fra le lacrime dei tifosi di Reggio Emilia battuti 75-73 alla settima finale scudetto, nella serie che ha ridato sorriso e speranza a questo sport in Italia. Una battaglia di liberazione dal risultato scontato, dalla dittatura imposta dai soldi e dal censo.

Dopo la serie infinita di Siena sembrava che fosse Milano a poter imporre una nuova dittatura. Non è accaduto. Per questo la gente si è appassionata tanto ad una serie fra il meraviglioso fatto in casa dei reggiani e questa squadra di Sassari di santi bevitori che sono usciti in trionfo alla fine di due maratone spossanti, prima per eliminare l'Emporio e poi per conquistare il primo scudetto del basket per la Sardegna tutta. Un percorso esaltante che già aveva coinvolto tanto ai tempi di Giggiriva e Scopigno quando ,nel 1970 c'erano da abbattere dittature storiche nel calcio.

Tutti primi al traguardo del nostro cuore i finalisti di questa storia anche se poi lo scudetto lo ha preso Sassari, il premio come miglior giocatore è andato a Sanders il tenebroso, le medaglie alla squadra dell'assicuratore Sardara che nei tratti somatici assomiglia tanto all'Arrica di quel Cagliari favoloso dove il peccato era ammesso, a patto che poi si facesse un gol più degli avversari.

Stessa storia per questa Dinamo sostenuta da una grande banca, da una assicurazione reale, con la metà del bilancio di Milano, ma più ricca delle altre avversarie nella corsa finita venerdì notte dentro al soffocante Pala Bigi di Reggio dove Sosa, in piena corsa, si è sentito mettere le mani al viso da uno spettatore: fallo tecnico per il dominicano di New York, espulsione del tifoso, unico momento di tensione fra tifoserie che si sono anche volute bene scambiando doni prima e dopo ogni assalto.

Reggio non ha niente da rimproverarsi, la benzina alla fine era poca e si è visto. Stagione stupenda con troppi infortunati, ma vissuta alla grande. Per Sassari, già saccheggiata dai ricchi d'Europa mentre giocava la finale (il Barcellona ha firmato un triennale con Shan Lawal), il domani è in Eurolega e per questo è andata già a prendere a Varese un altro saltatore come il congolese Christian Eyenga pensando pure a Stipcevic se i greci ruberanno il professor Logan. Notte di sogni per i vincitori e di lacrime per gli sconfitti che hanno comunque un bel domani da vivere con la tribù cresciuta in casa.

Romeo Sacchetti, l'uomo che ha governato i 7 mori dello scudetto, ha lasciato i brindisi prima del volo per la Sardegna da Linate, per incontrare a Milano il Trinchieri appena diventato campione in Germania col Balmberg. Abbraccio sotto l'occhio paterno di Virginio Bernardi, un agente con l'anima, che ha portato questi due campioni a chiacchierare davanti ai manicaretti degli abili gourmet di Lievità, in via Ravizza. Per Meo, vigilato dalla moglie, una danza fra schizzi di pomodoro e foglie di basilico tanto per stare nel tricolore, che finivano sulla sua magliona a strisce orizzontali bianca e blu. Felice, consapevole dell'impresa, degli ostacoli trovati lungo il percorso, anche se aveva già vinto supercoppa e coppa Italia, sereno, non esagerato anche nel commentare una sfida dove sapeva che il 70 per cento dei tifosi di basket parteggiava per i bostoniani di Reggio contro i Lakers dell'isola.

Felice di aver fatto parte di questa impresa come Mosè che ha aperto le acque della diffidenza e fatto piangere persino una splendida attrice comica come Geppi Cucciari fissa a bordo campo.

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