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Uno sceicco o una guardia svizzera per il trono del calcio liberato dagli Usa

Uno sceicco o una guardia svizzera per il trono del calcio liberato dagli Usa

Uno sceicco o una guardia svizzera  per il trono del calcio liberato dagli Usa

Tony DamascelliIeri la condanna di Blatter, oggi l'elezione dell'erede. La Fifa cambia la poltrona, pensando di cambiare la storia. Missione difficile, per qualcuno impossibile. Non è un film anche se ci sono fotogrammi da horror o thriller con tutti gli ingredienti necessari, corruzione, mafia, arresti, agguati. È il football di oggi, uguale a quello di ieri ma accessibile a chiunque, compresi gli sceicchi che sul calcio hanno messo i denari e oggi anche le mani, cioè la voglia di gestire il potere. Cinque candidati per un posto che vale il mondo, un mandato che garantisce un'illuminazione più forte di qualunque altro capo di governo e di Stato. Soltanto le elezioni americane di Novembre potranno mettere in seconda fila quello che sta per accadere a Zurigo.

La Svizzera è terra neutrale ma mai come ora sputa i fumi della guerra, violenta, una battaglia che è stata portata proprio dagli americani, alla voce Fbi, con il solito titolo arrivano i nostri: arresti in diretta televisiva, alla sei del mattino, in un albergo di Zurigo e altre manette vengono preannunciate. Oggi la polizia osserva: duecento e nove paesi, un numero superiore a quello delle nazioni iscritte all'Onu, decideranno il futuro proprio e del presidente. Fatti due conti servono 105 voti per occupare il posto di Sepp Blatter. In verità se la giocano in due, Gianni Infantino, svizzero di nascita ma di araldica e tifo (interista) nostrano. Suo rivale, lo sceicco Salman Bin Ebrahim Al Khalifa, viene dal Bahrein che non ha proprio grandissima tradizione e scuola calcistiche ma ha raggrumato le adesioni di paesi potenti.

Gli altri tre sono argomenti a margine, stanno sui cartelloni di propaganda elettorale ma raccoglieranno voti in famiglia. Dico di Jerome Champagne, un francese che oltre al cognome non ha nulla di millesimato, quindi Ali Bin Hussein, principe di Giordania e il sudafricano Tokyo Sexwale, un altro che ha una onomastica curiosa come la candidatura.Infantino ha dovuto lavorare improvvisamente e moltissimo negli ultimi mesi, da quando il vero candidato alla presidenza, Michel Platini, è stato messo fuori gioco dalla squalifica, prima di 8 anni, poi ridotta a 6 perché la commissione di appello non ha trovato prove sufficienti di corruzione. Platini non molla, non gli interessa più la Fifa e nemmeno l'Uefa (si terranno nuove elezioni anche a Nyon, la squalifica di Michel toglie al francese anche la poltrona che avrebbe occupato nei prossimi tre anni) ma la giustizia civile, il tribunale ordinario che potrebbe rivedere la sua posizione. Infantino è l'attuale segretario dell'Uefa, gli avversari lo ritengono, dunque, il portavoce di Platini, dal quale non si è mai dissociato.

Di certo il suo progetto ha molte analogie con quello di Michel, la goal technology era già nel programma da un anno, il mondiale a 40 squadre ha già provocato reazioni e tumulti dalle stesse federazioni che battono cassa. La Fifa è stata da sempre la banca dei poveri ma gestita dai ricchi, negli ultimi tempi i poveri sono rimasti tali ma i ricchi si sono arricchiti in misura maggiore ed è scoppiato lo scandalo. Infantino è l'uomo che meglio conosce il mondo del football, parla cinque lingue ma non è questo soltanto il suo atout, semmai la conoscenza e frequentazione del sistema che sa di dover cambiare dalla radice. Lo sceicco del Bahrein può rappresentare la svolta, religiosa, filosofica, politica. Un musulmano alla guida del calcio non è un fatto di semplice cronaca e va letto con la massima attenzione in un'epoca così calda. La Fifa non ha bisogno soltanto di uomini ma di fatti, di sostanza, non di una riforma ma di una rivoluzione che porti alla revisione degli organi di giustizia, alla bonifica e trasparenza del dipartimento finanziario (ad esempio 500mila euro il costo dell'elezione per il palco... etc), a un cambio di mentalità del settore arbitrale con il ribaltamento dell'International Board che decide le regole (finora decise da Blatter in modo occulto). Il calcio ai calciatori era lo slogan di Platini.

Il calcio a chi lo ama davvero e non lo consideri uno strumento di potere. Come conferma l'ultima richiesta di un regime dittatoriale e persecutorio: la Fifa avrebbe la pretesa di ricevere in anticipo il discorso di insediamento del vincitore. Infantino ha già detto no. L'Italia si è schierata per il segretario dell'Uefa, così ha detto Carlo Tavecchio che è uomo di onore, nonostante le pressioni contrarie del Coni. Radio Zurigo dice che Blatter sarebbe capace di un ultimo colpo di scena, presentandosi per il saluto finale e accolto dall'applauso oceanico. Platini resterà nel suo domicilio, preparando le carte con gli avvocati. Comincia un'altra storia.

Forse è la stessa.

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