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Seb e la Rossa stravincono Il mondiale non è un tabù

Adesso le Ferrari sembrano delle Mercedes. Hamilton ko Kimi 3°. E Alonso rosica: "Felice per i miei vecchi amici"

Seb e la Rossa stravincono Il mondiale non è un tabù

Seb sul traguardo, gli applausi a se stesso e al mondo, il ditino magico alzato in segno di vittoria, le frasi urlate da dentro il casco. E poi. Le cinture slacciate, il saltello sul muso della sua Rossa, l'invasione dei ragazzi del box, le barriere buttate giù, il reclamo degli organizzatori, la bacchettata della Fia, le scuse scritte di Arrivabene. Insomma, la festa Ferrari. E poi. Seb che non riesce a portare la bandiera del team sul podio, vietato dal cerimoniale, Seb che però lancia in cielo la coppa, Seb che ha tutto per essere italiano e non lo è. Meglio così. Perché se fosse uno dei nostri sarebbe caduto nell'errore di togliersi finalmente il sassolino dalla scarpa che non aveva potuto levarsi a Monza e alzare la mano e metterla all'orecchio nel gesto calcistico di chi non sente, non sente più i fischi dell'altra volta qui a Singapore. Era il 2013, era il suo terzo successo consecutivo su questa pista ma arrivando subito dopo il Gp d'Italia erano anche i secondi fischi di fila che si pigliava dal pubblico ferrarista. Altra vita, altro Vettel.

Bravo Seb che invece non ha fatto nulla di ciò. Bravo Seb rimasto tedesco e attento, facendo finta di aver dimenticato ciò che non dimenticherà mai come questa vittoria di forza e talento. Bravo Seb che ha trionfato tenendo sempre dietro l'ostico Ricciardo e nonostante virtual e safety car e un pirla invasore di pista. Bravo anche adesso che un po' sprona e un po' spera di riaprire il mondiale perché «dobbiamo rendere possibile l'impossibile». E brava la Ferrari che zitta zitta non ha mollato e suda e cresce e Raikkonen terzo senza infamia e senza lode ne è la riprova. Bravi tutti, dunque, per un successo mai in discussione, per la pole che mancava da una vita, e per una gara condotta in modo magistrale nonostante il peso addosso di essere e dover essere favoriti.

E ora non si dica o pensi che la Mercedes non è mai stata in gara, che poi Hamilton in rimonta e quarto si è dovuto ritirare per problemi alla power unit. Non lo si dica perché non si è trattato di sfiga über alles e fortuna emiliana, ma solo di cose giuste e finalmente al posto giusto. Ovvero una Rossa in decisa crescita, un grande pilota e, dall'altra parte, un altrettanto grande pilota su una Mercedes però senza più i giochetti, almeno quelli, sulla pressione delle gomme proibiti da Monza. Per cui giusto far festa, ma giusto anche non illuderci troppo perché quella di ieri era una pista un po' ostica per loro e quella di domenica a Suzuka lo sarà molto meno.

Terza vittoria dell'anno, la numero 42 di Seb, Senna finalmente superato, due ferraristi a podio come non accadeva da oltre due anni, erano Alonso e Massa, sono Vettel e Kimi. Già, Alonso, tristezza infinita. Ritirato e sempre lontano, ma non lontano abbastanza in fretta da sottrarsi alla domanda su questa grande Ferrari che se solo fosse stato più paziente e diplomatico sarebbe stata ancora sua. Finto sorriso quello di Fernando, finta felicità, finte parole nel commentare l'ennesimo successo del pilota che lui meno stima. Dirà: «Veramente bello vedere sul podio qualcuno che non sia della Mercedes, quasi da farci una foto, incorniciare tutto e appenderla a casa visto che dominano da due anni. Per cui sono molto contento per tutti gli amici della Ferrari. Speriamo continuino così».

Continueranno. E le Mercedes adesso un poco tremano. Il vantaggio di Hamilton resta abissale, 49 punti a 5 Gp dalla fine, ma in casa dei non sempre über alles ci sono adesso espressioni se non allarmate, stordite. Da non perdere quella appassita del presidente onorario Niki Lauda reduce come sappiamo da certe frasi ingrate e non proprio onorevoli sulla Ferrari. Frasi e battute su spaghetti e pizze cucinati a Maranello che però, chissà come mai, ora non ripeterebbe mai. E son soddisfazioni.

Perché Seb non si toglie i sassolini, ma noi italiani sì.

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