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Slavia-Inter 9-0 e una rivincita attesa da 81 anni

Era il 1938. Il tonfo dell'Ambrosiana scudettata è ancor oggi il peggior ko di un'italiana in Europa

Slavia-Inter 9-0 e una rivincita attesa da 81 anni

Ottantun anni dopo per cancellare la più grande umiliazione nerazzurra in Europa. L'Inter stasera fa le prove di Champions a San Siro con l'Udinese, ma dietro l'angolo c'è Inter-Slavia Praga di martedì, una partita apparentemente soft per iniziare la stagione europea, ma che riporta fuori dagli archivi la sconfitta più pesante subita da una squadra italiana nelle coppe europee. Parliamo di un altro secolo e di un altro calcio, ma quel 9-0 subito a Praga dall'Ambrosiana fresca di scudetto l'11 luglio del 1938, grida ancora vendetta, in tutti i sensi.

L'Italia ha appena archiviato la sua seconda vittoria mondiale con il 4-2 all'Ungheria nella finale di Parigi del 29 giugno, ma le nostre migliori squadre devono affrontare la Coppa Europa, quella che poi chiameremo Mitropa, affrontando i paesi che dominano il calcio degli anni Trenta, britannici esclusi: Austria, Cecoslovacchia, Ungheria, Jugoslavia, Romania, insomma il meglio della scuola danubiana. E l'Inter nei quarti di finale si trova di fronte i vicecampioni di Cecoslovacchia dello Slavia, la squadra che probabilmente gioca il calcio più bello del momento, ma che in Europa non riesce mai a raccogliere risultati, tanto che la chiamano il principe senza corona. Non può contare sul grande portiere Planicka, uscito malconcio dalla sconfitta con il Brasile ai mondiali, ma ha pur sempre al centro dell'attacco Pepi Bican, considerato il più grande giocatore cecoslovacco di sempre con i due Palloni d'oro Masopust e Nedved. Un bomber dodici volte capocannoniere del campionato, talmente popolare che nel dopoguerra verrà cacciato dalla squadra del Hradec Kralove perché alla parata del Primo maggio viene acclamato più del capo del partito comunista locale. Insomma, c'è di che preoccuparsi, ma l'Ambrosiana può contare pur sempre su cinque freschi campioni del mondo come Meazza (nella foto), Ferrari, Locatelli, Ferraris e Olmi, su Annibale Frossi e un centravanti emergente come Campatelli.

In Italia, a dire il vero, l'attenzione degli sportivi è tutta concentrata sul Tour de France che si avvicina ai Pirenei con Gino Bartali che arriverà in giallo a Parigi. Mentre a Praga si vive l'ultima estate di libertà, ma sta già salendo la tensione che porterà all'annessione dei Sudeti da parte della Germania e alla ormai inevitabile invasione della Cecoslovacchia da parte di Hitler.

Per il momento, però, c'è ancora spazio per sognare e lo Slavia regala ai propri tifosi la più incredibile vittoria che spiana la strada alla conquista della coppa. L'Ambrosiana commette l'errore di difendersi secondo quello che la Gazzetta definisce «calcolo usuraio». Così i cechi chiudono il 1° tempo sul 2-0 con i gol di Bican e Horak. Ma il diluvio arriva nella ripresa: Pepi Bican fa poker, poi colpiscono di nuovo Horak, Bradal e una doppietta di Vytlacil, il futuro ct che nel '62 guiderà la Cecoslovacchia alla finale mondiale persa col Brasile.

Insomma, un'umiliazione. I giudizi salvano Ferrari e Meazza, anche se il Pepin sembra tormentato dalle voci di mercato, che lo danno tentato dalla Roma o addirittura dal Milan (che effettivamente lo ingaggerà, ma due anni dopo). Il Corriere liquida la catastrofe con un titolo a una colonna: «L'Ambrosiana battuta a Praga per nove punti a zero», visto che l'autarchia vietava l'uso del «gol». Secondo la Gazzetta, invece, «un sonnifero ha legato membra e cervello. Ma i motivi di questo tracollo vanno chiesti più allo psicologo che al cronista sportivo».

Sette giorni dopo, nel ritorno all'Arena, l'Ambrosiana salva l'onore vincendo 3-1, ma per la vera rivincita bisognerà aspettare ottantun anni.

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