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"Lo sport per doping": Donati racconta i suoi 35 anni di solitaria battaglia

Nel nuovo libro, l’attuale consulente della Wada, offre cifre del fenomeno, tra debolezze del sistema dei controlli e collusione di dirigenti

"Lo sport per doping": Donati racconta i suoi 35 anni di solitaria battaglia

Circa 100 inchieste giudiziarie, dal 2000 sequestrati circa 105 milioni di dosi di farmaci usati per doping, alla media di 8 milioni di dosi sequestrate all’anno. In Italia nel solo 2011 il consumo di farmaci e sostanze è stato stimato in almeno 371 milioni di dosi, pari ad un costo di annuo di circa 425 milioni di euro. Un consumo riferibile a circa 185.000 praticanti le diverse attività sportive e a circa 69.000 praticanti il body building, per un totale nazionale stimabile, come minimo, in circa 254.000 assuntori. Sono alcune delle cifre che fotografano l’attuale diffusione del doping in Italia e del controvalore economico del suo mercato illegale contenute in un Report consegnato alla Wada (l’agenzia mondiale antidoping) realizzato dal maestro dello sport Sandro Donati, ex spinter della nazionale di atletica leggera ed ex dirigente Coni, oggi consulente della Wada, insieme alla professoressa Letizia Paoli, docente di criminologia presso l’Università belga di Lovanio.

Donati ha appena pubblicato «Lo sport del doping. Chi lo subisce, chi lo combatte» (gruppo Abele Edizioni), libro presentato alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana con la partecipazione di Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, e del generale Cosimo Piccinno, comandante nazionale dei carabinieri del Nas. Con questo libro, Donati torna sulla sua decisione di zsmettere di raccontare» i suoi 35 anni di lotta contro il doping e ci consegna una coinvolgente testimonianza senza precedenti, raccontandoci cosa ha visto, senza risparmiare particolari e nomi dei protagonisti delle vicende che hanno caratterizzato la sua solitaria battaglia. «All’inizio era una storia solitaria, poi è diventata una collaborazione con istituzioni e società civile», ha precisato Donati.

Gli scandali del doping si susseguono - si legge nel libro - coinvolgendo campioni di primissimo piano (le ultime parti del libro trattano i casi Schwazer e Armstrong). È ormai consapevolezza diffusa che in diverse discipline sportive il ricorso al doping coinvolge gran parte degli atleti di vertice e altera i risultati delle maggiori competizioni sportive, favorito da dirigenti che guardano solo al numero delle vittorie e da una parte della stampa sportiva che preferisce non vedere e non sentire. Pochi sanno, invece, che tutto questo ha fatto «scuola» e che molti praticanti di livello amatoriale affollano gli ambulatori dei medici dei «campioni» per farsi prescrivere la «cura» miracolosa che può consentire loro di battere in gara il collega di ufficio o il vicino di pianerottolo.

Rimane però sconosciuta la reale diffusione del doping tra gli atleti di elevato livello. È significativo il fatto che a fronte del 4,5% di casi positivi rilevati nello sport amatoriale dai controlli della Commissione anti-doping del Ministero della Salute, la percentuale dei casi positivi nei controlli attuati dal Coni sugli atleti di alto livello si attesta intorno allo 0,7%. Senza considerare - ed anche questo è estremamente significativo - che il Coni ha smesso nel 2007 di pubblicare sul suo sito i risultati dei propri controlli. Le ragioni della «debolezza» di tali controlli sugli atleti di alto livello sono diverse, come sottolinea Donati: la coincidenza controllori-controllati che, evidentemente, rappresenta un freno estremamente rilevante; la pressoché totale assenza di controlli a sorpresa che, come è noto, sono molto più efficaci di quelli programmati e quindi prevedibili in gara; la debolezza delle analisi antidoping che non riescono a rintracciare nelle urine numerose sostanze; l’evidente «buco nero» dei controlli nel calcio e, più in generale, sui professionisti (delle diverse specialità sportive) di elevata valenza economica.

Uno spaccato confermato dal Report consegnato alla Wada, tra il 2001 ed il 2009 sono stati 313 i procedimenti avviati dalle Procure per l’accusa di doping prevista dalla legge 376/2000, alla media di 35 procedimenti all’anno. Centocinquanta procedimenti riguardano accuse generiche di doping, 163 riguardano il commercio illegale in sostanze dopanti.

Dal 2006 al 2009 sono state complessivamente 683 persone condannate per doping, 253 per accuse generiche di doping e ben 430 per commercio illegale in sostanze dopanti.

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