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Tassa di scopo: un'ipotesi per legalizzare il «live»

C'è chi gioca a poker e mette i soldi sotto al materasso e c'è chi punta allo sport creando vere e proprie categorie, come nel calcio, dai pulcini agli esordienti. Immaginiamo già genitori che accompagnano i bambini al torneo della domenica mattina da 5 euro con la tuta e la borsa come nelle giovanili del Sassuolo. Ma forse c'è chi sta messo peggio dell'Italia dove non si riesce a trovare la «quadra» per la regolamentazione del poker dal vivo. Anche se qualche idea c'è. Parliamo ovviamente del Paese delle mille contraddizioni: l'America. E più precisamente, come si legge su gioconews.it, lo Stato del Michigan dove il Governatore Rick Snyder ha dovuto beccarsi anche una marea di fischi per aver paventato l'ipotesi di vietare i tornei di beneficenza.
Detta così, i fischi sembrano giustificati. Tuttavia, senza scendere nei dettagli di percentuali e balzelli, pare che le organizzazioni si siano create una vera e propria struttura in grado di generare beneficenza ma anche profitti a chi allestisce questi eventi.
Uno scandalo alla luce del sole con lo Stato che ha ricavato comunque 7,9 milioni di dollari per la beneficenza nel 2002 fino a raggiungere 197 milioni nel 2011 e 184 nel 2012. Ma sarebbero tante le sedi di eventi non controllate e forse neanche controllabili. I profitti «charity» sono saliti da 3,6 milioni a 19,2 due anni fa prima di stabilizzarsi sui 15,8 milioni di dollari.
Nel giugno 2012 si è scatenata una vera e propria guerra con il trasferimento della gestione di questi eventi alla Lottery Bureau Michigan Gaming Control Board per la delusione di tanti bar e locali che si sono visti chiudere l'attività pokeristica proprio per questa prima stretta. Ora ci sono proposte per cercare di limitare e regolamentare questo fenomeno che è sfuggito di mano (ovviamente è un eufemismo) ai governatori del Michigan. Meno luoghi adibiti e pochi eventi programmati con precise cadenze settimanali e mensili.
Ci riserviamo di approfondire l'argomento. Ma da questo prendiamo spunto dicendo: visto che il poker live è visto come il diavolo perché non prendere esempio dal Michigan e prevedere una parte da devolvere alla beneficenza o alla società con finanziamenti ben precisi ad attività del territorio?
La tassa di scopo, insomma, di cui nel mondo del gioco già si parla da diverso tempo. Un prelievo dello Stato, una quota «socialmente utile» e il resto a rimborso/guadagno di chi organizza con un inquadramento fiscale certo. Perché non pensare ad una regolamentazione adatta anche a scopi collettivi? Il progetto del poker sportivo punta, nei sogni e nelle speranze di chi lo sta lanciando, a poter finanziare in parte il Coni come succedeva col Totocalcio. Poi arrivarono le scommesse sportive e il prelievo va solo allo Stato.
Nel mondo del gioco un esempio forte c'era. Allora perché non ritirarlo fuori per finanziare attraverso il Coni, la cultura o i restauri. Lasciamo i giocatori a divertirsi al tavolo con premi in denaro da distribuire ma accostiamo a questa soluzione un finanziamento ad hoc, una tassa di scopo, che possa salvare l'immagine di questo gioco tanto vituperato dal bigottismo ottuso e aiutare anche la community a tutti i livelli.

Potrebbe essere una soluzione.

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