Calcio

Thiago Motta e Mou, gli opposti del Triplete interista

Il calcio fluido dell'italo-brasiliano contro la ricerca del nemico da parte del portoghese. Che cita (sbagliando) Cicerone

Thiago Motta e Mou, gli opposti del Triplete interista

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Nell'Inter del Triplete 2010 modellata a immagine e somiglianza di José Mourinho, Thiago Motta era un «equilibratore» che incideva. Ora che allievo e maestro si troveranno di fronte a braccetto in classifica nell'inatteso spareggio nella corsa Champions, emergono le differenze: c'è un tecnico, il portoghese, che ha storia e palmares ed è un'icona assoluta della panchina e un altro, l'italo-brasialino, che per idee e promesse può essere considerato il simbolo della nuova generazione di allenatori. Tanto che qualcuno ne ha già sussurrato il nome per un futuro a Trigoria se Mou non dovesse rinnovare con i Friedkin.

Motta parla la stessa lingua dello Special One e da lui ha sicuramente assorbito i segreti della gestione e della tattica - rivisitati secondo le proprie inclinazioni - ma non certo l'arte di una comunicazione oltre le righe. Lui, come ha rivelato tra il serio e il faceto qualche suo calciatore, sarà anche noioso ma sa farsi seguire con una dedizione sorprendente. La stessa dedizione che i calciatori giallorossi hanno per Mou, che però noioso non lo è per nulla anzi usa frasi a effetto e proclami da «tribuno», tanto per usare un termine dell'antica Roma. «Mourinho non cerca il bello, ma un nemico da sconfiggere raccontava qualche anno fa Thiago parlando del suo ex maestro . Lui ha in testa una sola cosa, la vittoria, e ha due sole facce: felice se vince e arrabbiata se perde».

E così Motta è il condottiero della squadra rivelazione, un Bologna che sognava fino a qualche settimana fa di entrare in Europa dalla porta secondaria. Una squadra che mostra un calcio fliudo, fatto di occupazione degli spazi, di movimento senza palla e anche della ricerca continua della superiorità numerica. Perchè come dice il tecnico «più teniamo il pallone, più frustriamo i nostri avversari». Ancor prima del sorprendente Zirkzee (già sette gol e due assist) e del tuttocampista completo Ferguson, il vero leader del gruppo è il gioco. Musica diversa alla Roma, dove Mou non va a caccia dello spettacolo, che attende l'avversario prima di attaccarlo e di difendersi quando la squadra è avanti e vuole portare a casa il risultato. E poi le esternazioni fuori dal campo. L'ultima, ieri, con un post social dopo l'1-1 di Roma-Fiorentina, con un finale teso, due giallorossi espulsi e il silenzio stampa di tecnico e squadra dopo la gara. «Cum tacent, clamant», ovvero fanno rumore anche quando stanno in silenzio. Una citazione (in realtà confusa nell'autore) di Cicerone, il più grande oratore della storia romana. Oltre che a un inchino alla curva romanista che lo acclama, alla foto del fallo di Kayode su Zalewski non sanzionato e un applauso al baby raccattapalle latore del pizzino a Rui Patricio, ieri nel finale 9 contro 11. «Il silenzio è un'eloquente affermazione», sono le parole del portoghese sul suo profilo Instagram che in realtà sono del poco conosciuto Hazlitt, vero autore dell'aforisma citato.

Domenica saranno uno contro l'altro, con filosofie di calcio e storia molto diverse.

In palio futuro, Europa e strategie dei rispettivi club.

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