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Thohir, Moratti i cinesi e il gioco delle parti

di Claudio De Carli

La delegazione del Suning Commercial Group è rientrata in patria, erano entusiasti e felici, sempre sorridenti e pronti a strizzare gli occhi a ogni battuta. Il Chairman Jin Dong Zhang si è portato dietro i dirigenti dello Jiangsu Suning, il club di cui è proprietario. Un viaggio di lavoro, sono venuti qui per imparare e per comprare. Hanno festeggiato tutti assieme per la vittoria, hanno apprezzato il centro di Appiano, e hanno gustato la cucina italiana a Villa Imbersago. Come stare in famiglia, hanno commentato. Qui le cose sono serie e vere, anche se per abitudine consolidata nel tempo, l'Inter non replica. Ieri lo ha fatto Thohir: «I media apprezzano la drammaticità, ma nella realtà noi siamo qui, vogliamo continuare a costruire qualcosa e non c'è l'idea di acquistare un altro team. Avremmo voluto costruire un nuovo stadio, guardando l'affluenza di questa stagione si nota che è stata altissima, e questo perché i tifosi credono in questo progetto. Se la gente dice che voglio andarmene io non capisco, negli ultimi anni abbiamo lavorato molto duramente».

Ha lasciato Milano dopo pranzo diretto a Zurigo per partecipare a dei meeting Fifa. Per quel poco che siamo riusciti a capire sembra proprio una persona per bene in un mondo di maneggioni, tanto che le perplessità su quanto sta accadendo sembrano rivolte più all'Inter che a lui. Ha incassato la fiducia di Moratti su tutta l'operazione, non ci sono state firme, prevista una scrittura privata d'intenti che verrà siglata a breve. Moratti ci sguazza e si diverte a lasciar credere che poi peserà la sua parola. Sa che chiunque avrà le chiavi di casa, dovrà sempre chiedere a lui il permesso per entrare. Per tutti lui non è l'ex presidente e basta, finanziariamente non se la sentiva di continuare, ha trovato Thohir e adesso Thohir ha trovato la Cina. L'indonesiano prima di lasciare Milano ha dettato altre due righe: «Volevamo arrivare in Champions, però non è ancora finita.

Ma noi, come management e proprietà, non siamo stupidi».

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