Tokyo 2020

Il tifo degli eroi di Tokyo e la staffetta col pallone. Ma è un'altra storia...

Dalle notti magiche ai Giochi, l'euforia azzurra resti più forte delle divisioni che il calcio crea

Il tifo degli eroi di Tokyo e la staffetta col pallone. Ma è un'altra storia...

Ammettiamolo è stata una faticaccia, ma è stato bello. Appassionarsi, tifare, trepidare e sprintare per 40 medaglie non è come perdere due minuti al bar per discutere il gol di Cristiano Ronaldo o il rigore non visto. Il pallone è molto meno contemplativo e impegnativo. Però ora torna fra noi e, a loro volta, medaglie e medagliati rischiano di finire nella soffitta dei ricordi come ammuffiti pezzi da antiquariato. Rieccheggerà un vecchio ed ironico detto giornalistico, purtroppo: vale più un cross di Rizzitelli che una medaglia dei 100 metri. Sicuri che stavolta la battuta non stoni?

Vero, per gli ori di Tokyo non si sono viste piazze invase e cori da stadio però c'era quell'aria di gioia da bambinelli che torniamo ad essere. Gli atleti olimpici si sono già lamentati: voi cronisti vi ricordate di noi solo durante i Giochi. E se ogni tanto ci fosse uno spazio in più per noi e una parola in meno per i gol di Ronaldo? Come dar torto? Negli ultimi 60 anni almeno, l'accusa si è ripetuta con cadenza quadriennale e con altrettanta cadenza è stata dimenticata nel giro di un mese. Tutti a parlare e sparlare di calcio. Se poi arriva Jacobs con l'oro nei 100, altre 9 medaglie d'oro e 30 scintillanti di diverso colore, sarà materia per l'incontro con il presidente della Repubblica e per il revival di fine anno che tanto piace al nostro romantico modo di cullarsi nello sport. Talvolta dimenticando di fare cultura dello sport. Il calcio ci fa perdere il pelo, non il vizio. Eppure l'Anno santo dello sport azzurro stavolta ha trovato un buon esempio proprio nel pallone. La fantastica cavalcata del sognatore Mancini e della sua nazionale ha trascinato tutti. È tracimato l'entusiasmo, finalmente si è sentito coniugare con continuità un verbo: «vincere». Diciamo grazie al ct e ad una idea lanciata come un guanto di sfida. Il calcio ha fatto strada, il resto dello sport gli è andato dietro.

Immaginiamo che Paltrinieri e Jacobs, gli staffettisti del nuoto e dell'atletica, Vito D'Aquila lo scalciatore sul tatami, i canottieri e le donne sprint del canottaggio, Tamberi e i marciatori, Vanessa Ferrari, la Quadarella, la gente della scherma, il vecchio Montano e la Pellegrini inebriata di Juventus, Ganna e i pistards, il duo dei velisti e il karateka Busà, tutti insieme appassionatamente abbiano pensato che, per una volta, il calcio valeva quel fatti più in là e abbiano acquisito il testimone della staffetta. Mancini non si è tirato indietro nel tifare per loro, congratularsi con i tweet, insomma dimostrare che il calcio non sempre si guarda allo specchio.

Ora il testimone ripassa al pallone. E cosa resta da pensare? Al popol nostro, ovvero giornalisti e tifosi: la lezione olimpica ci riporta al bastoncino da passarsi fra gli sport per cui si tifa un mese e quello per cui si tifa sempre. Paltrinieri ha insegnato a non mollare mai, Jacobs e la staffetta 4x100 a credere nell'impossibile.

E dunque crediamo che i giornali non dimentichino gli altri sport e che il tifo da stadio non sia solo per il pallone.

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