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Tifosi e calciatori in cerca di una società

di Franco Ordine

H anno avuto fiuto i ragazzi della curva nord. Prima hanno steso un paio di striscioni polemici, poi hanno deciso di abbandonare gli scalini di San Siro per andare a mangiare. E hanno così evitato di assistere all'ultimo scempio di casa Inter: quarta sconfitta consecutiva per mano di un giovanotto, Pietro Iemmello, interista di fede, calabrese di anagrafe, fino a giugno scorso bomber prediletto e amatissimo del Foggia di De Zerbi, Lega pro. In classifica sono scivolati all'ottavo posto, scavalcati persino dalla Fiorentina del malmostoso Sousa. Hanno avuto fiuto gli ultrà anche nel salvare dalle loro aspre critiche Stefano Pioli che in queste ore si è dato al ciclismo per smaltire le tossine di qualche mese vissuto nella Babele di Appiano Gentile. Neanche l'altro Stefano, Vecchi, appena ritornato in sella, è riuscito a rimettere in piedi un gruppo allo sbando, pedinato dalla sfortuna in qualche circostanza e capace di molti, troppi errori per farla franca al cospetto di un rivale, il Sassuolo, che è invece sempre squadra, dall'inizio alla fine. A pochi minuti dalla fine del supplizio il quinto allenatore schierato dal club ha persino ceduto alle richieste dello stadio che ha invocato a gran voce Gabigol e forse non ha reso un servigio né al proprio credito professionale e nemmeno alla ragion di stato.

Per capire ciò di cui ha bisogno per il futuro l'Inter, oltre a un bravo allenatore, bisogna ripartire dalle parole di due protagonisti, Eder e Handanovic che ieri hanno raccontato dalle viscere dello spogliatoio la crisi neroazzurra. L'attaccante è stato brutale: «Chi non se la sente di stare all'Inter lo dica e vada via. La società parli chiaro anche con me, se vuole tenermi oppure no». Handanovic è stato ancora più duro se possibile: «Da cinque anni siamo sempre allo stesso punto, ai tifosi non dico niente perché non voglio prenderli per il c...». La risposta al quesito principale è dunque la seguente: prima di tutto, prima di ogni acquisto o rinforzo, occorre allestire una guida societaria autorevole e credibile. La scelta di Walter Sabatini è nella direzione giusta perché è in grado di supplire a due vistose lacune: 1) la lontananza di Zhang senjor; 2) la non riconosciuta autorità da parte dello spogliatoio del triumvirato che fin qui ha governato gli arrivi di de Boer e Pioli (Ausilio, Gardini, Zanetti). Serve un uomo solo al comando, circondato da collaboratori capaci naturalmente, com'è successo con Galliani al Milan, come accade da sei anni con Marotta alla Juve, non a caso due club che hanno incarnato il miglior modello di organizzazione e di successo del calcio italiano degli ultimi anni. Ha stravinto anche l'Inter di Massimo Moratti quando ha affidato a un solo uomo, in questo caso Mourinho, le chiavi dello spogliatoio.

Certo sarà fondamentale anche la scelta dell'allenatore. I cinesi hanno puntato molto in alto. Conte è la prima scelta, nel caso dovesse decidere, per tornare a casa (da moglie e figlia) di lasciare Londra e il Chelsea che non gli ha certo regalato un sontuoso mercato l'estate scorsa. Sarri è la tentazione diabolica qualora dovesse rompere con De Laurentiis che non perde occasione di pungerlo pubblicamente. Di Francesco la possibile sorpresa. La soluzione disponibile è Spalletti, pronto a fare la valigia. Il toscano ha un carattere permaloso e un pessimo rapporto con i media. Solo Sabatini, dicono gli esperti di calcio romano, può metterlo in riga. Appunto.

La prima pietra è costruire una società forte.

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