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Un torinese conquista la vetta del Nanga Parbat: "Sono sdraiato in cima"

Carlo Alberto Cimenti ha raggiunto gli 8.126 metri di altezza della montagna mangiauomini. Il messaggio alla moglie: "Sono sdraiato in cima al mondo e piango e rido e ti amo"

Un torinese conquista la vetta del Nanga Parbat: "Sono sdraiato in cima"

"Sono sdraiato in cima al mondo". Così l'alpinista torinese Carlo Alberto Cimenti, detto Cala, annuncia di aver raggiunto la vetta della montagna più temibile, il Nanga Parbat. La notizia arriva dai profili social dello scalatore.

Cimenti, insieme a due alpinisti russi, era partito alle 3 del mattino dal campo 4, per l'ultimo attacco alla vetta, portato a termine con successo. Ma durante la discesa, attimi di paura hanno tenuto con il fiato sospeso i compagni, che aspettavano il ritorno della cordata. Il gps di Cimenti, infatti, sceso con gli sci, ha fatto perdere la sua traccia per qualche tempo, ma poi ha ripreso a funzionare e un messaggio, inviato alla moglie a Torino, ha rassicurato tutti: "Abbiamo avuto problemi in discesa, io tutto ok. Non preoccuparti". Ma in quel momento mancavano ancora 200 metri al campo base, una distanza enorme a quelle altezze. Inoltre, i russi, scesi a piedi, si erano persi. Poi la conferma, arrivata dalla moglie del torinese, Erika Siffredi, dell'arrivo del marito al campo base. All'alba è arrivata anche la notizia del ritorno degli scalatori russi, tutti salvi.

Quella di Cala è stata una scalata tutta social, con messaggi inviati ogni giorno alla moglie, che li pubblicava su Facebook e Instagram, raccontando le tappe dell'ascesa alla punta in cima al mondo, a 8.126 metri di altezza. E durante la salita, la fatica e la paura non sono mancate, come quando lo scalatore è stato sorpreso da una valanga enorme: "Era il crepuscolo e non si vedeva dove. Dopo qualche minuto sono uscito e ho visto una nuvola bianca che mi arrivava contro. Ho fatto appena in tempo a ripararmi dietro la tenda. Sono stato investito da un vento fortissimo pieno di neve. Pazzesco". O come quando si è fermato per mettersi una giacca, per ripararsi da una tempesta inattesa, ma poi "non riuscivo più a mettere lo zaino sulle spalle tanto pesava. Ho dovuto aspettare Anton che mi aiutasse. È stato un grande!".

Prima di iniziare la salita alla vetta, Cimenti aveva annunciato, come riporta Repubblica: "Non vedo l'ora di iniziare questo viaggio di cinque giorni, se tutto va bene, che rappresenta lampante finale di questa spedizione insieme ai miei due compagni russi che ho imparato a conoscere e insieme abbiamo imparato a salire questa montagna. Vediamo come andrà a finire".

E per il Cala è finita bene, anzi benissimo: è riuscito a conquistare la cima del Nanga Parbat, la "montagna mangiauomini" e a tornare al campo base sano e salvo.

Sulla stessa montagna, a febbraio, erano morti gli alpinisti Daniele Nardi e Tom Ballard, rimasti per sempre tra le braccia del gigante più difficile da scalare, che aveva messo in difficoltà anche Reinhold Messner, quando nel 1970 conquistò per primo la vett, insieme al fratello: Reinhold, però, fu l'unico a tornare vivo.

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