Sport

Totti: "Calciatori come bestie. Spalletti spinse per il mio ritiro"

L'ex capitano della Roma, Francesco Totti, si confessa: "Fu Spalletti a spingere perché mi ritirassi. Non sono andato negli Usa o in Asia perché avrei rovinato 25 anni di carriera"

Totti: "Calciatori come bestie. Spalletti spinse per il mio ritiro"

I tifosi della Roma non l'hanno mai dimenticato. Resterà sempre il Capitano, anzi, er capitano, oltre che Pupone. Oggi fa il dirigente, dopo una vita trascorsa a giocare a calcio, a livello altissimo, con una classe sopraffina. In un'intervista al Venerdì di Repubblica Francesco Totti racconta che fu Luciano Spalletti, suo ex allenatore alla Roma, a spingere di più perché si ritirasse: "È quello che ha spinto di più. Con la società erano una cosa sola".

Ma per quale motivo, come ad esempio hanno fatto Del Piero e Pirlo, non ha voluto togliersi lo sfizio di andare a giocare in Asia o in America? "Perché avrei rovinato 25 anni di carriera. Ho sempre detto che avrei indossato un’unica maglia. Sono di parola". Sul no al Milan, che era pronto a spendere 300 milioni quando aveva 12 anni, Totti ricostruisce come andarono le cose: "In quel caso il no fu della mia famiglia. Soprattutto di mia madre. È vecchia maniera, apprensiva, possessiva. Papà lavorava fino a tardi. Era sempre lei a starmi dietro. Mi voleva tutto per sé".

L'ex capitano della Roma si sofferma anche sul soprannome Pupone: "Se lo inventò un giornalista del Messaggero, Mimmo Ferretti, in senso affettuoso. Però è diventato sinonimo di eterno ragazzino, di immaturo". Insomma, non proprio un complimento. E a lui, infatti, non è mai piaciuto.

Quando gli domandano se sia vero che non volesse che la Roma acquistasse campioni, che lo avrebbero offuscato, lui nega nella maniera più assoluta: "Discorsi da bar. Se i campioni non arrivavano era per limiti di budget, mica per scelta mia. Ho sempre voluto vincere e non veder vincere". E lo stesso fa sulle voci circolate per la sua (presunta) mancata esultanza per il 3-0 al Barcellona, perché non era contento non essendo in campo: "Qualsiasi cosa faccia c’è sempre qualche critica. Io so cosa provo e non ho niente da dimostrare. È vero, al primo gol non ho esultato - dice - ma perché non avevamo ancora portato a casa la partita. Al secondo mi sono alzato in piedi ed al terzo ho preso in braccio mio figlio Cristian. Quelli che criticano non m’hanno visto? Vedono solo quello che je pare".

Quanto ai rapporti con gli ex allenatori, Totti rivela che con Capello ci sono stati alti e bassi: "Quando parli con Capello hai sempre torto. Sa tanto, ma l’ultima parola deve essere sempre la sua. Se passa un piccione e lui dice che è un gabbiano, ti dimostrerà che è un gabbiano. È cocciuto, perfezionista. Un maniaco".

Sul suo attuale lavoro, quello di dirigente, che in pratica lo mede nel ruolo di mediatore tra il mister Di Francesco e lo spogliatoio, Totti rivela: "Sì, i giocatori sono bestie, sono bastardi, ma mi portano rispetto. Io ero come loro, li conosco bene, conosco il loro linguaggio segreto fatto d’occhiate, mezze parole. Cerco di rendermi utile. Nello spogliatoio - spiega - ora si parla quasi solo inglese. Se non lo sai non capisci un c..... E si fa meno gruppo. In ritiro, rientrato dal campo, ognuno si isola in camera sua col telefonino a navigare o mandare messaggi".

Quando gli domandano cosa voglia fare da grande, risponde che ancora non lo sa: "Per adesso mi godo questo momento vicino alla squadra e alla società. Respiro l’aria del campo".

Poi si vedrà.

Commenti