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Tre stelle alla Juve: male necessario per farla smettere?

Nuovo stemma su sede e stadio (che già espone gli altri 29). Novara e Casale non hanno vinto 10 campionati. Eppure...

Tre stelle alla Juve:  male necessario  per farla smettere?

«Dica 30...3». Ai tifosi della Juventus viene benissimo rispondere, è la cosa più facile del mondo: 30 come gli scudetti vinti sul campo secondo il presidente Andrea Agnelli e qualche milione di bianconeri, 3 come le stelle che il club vuole cucire sulle maglie nella prossima stagione, una ogni dieci scudetti vinti. E, affinché non ci siano dubbi, la Juve si è portata avanti: fuori dalla sede del club è stata esposta la bandiera con lo scudetto, sulla quale campeggia il numero 30 e la tanto discussa terza stella. Iniziativa promossa anche dal sito web della società: «Se vi capita di passare dalle parti di corso Galileo Ferraris, a Torino, quando arrivate vicino al numero civico 32, alzate lo sguardo al cielo - si legge -. E ammiratela. Da questa mattina, sventola la bandiera più bella». Lo stemma tricolore con il numero 30 e la terza stella è stato esposto anche nell’altra «casa» bianconera, all’ingresso dello Juventus Stadium, in vista della grande festa di domenica pomeriggio per la sfida contro l’Atalanta, ultima giornata di campionato.
Una provocazione? Non più dei 29 scudetti che già fanno mostra di sé nel corridoio che dagli spogliatoi porta al campo di gioco dello Juventus Stadium. Ventinove stemmi davanti ai quali sono sfilate tutte le squadre ospiti (soltanto l’Inter diede cenni di nervosismo). E 29+1 fa 30. Non più provocatorio di Ibrahimovic quando dice di aver vinto nove scudetti in cinque squadre diverse. Perché due di quegli scudetti li ha festeggiati con addosso la maglia della Juventus e sono proprio quelli «abbattuti» da calciopoli. Non più provocatorio, forse suo malgrado, di Giancarlo «Ponziopilato» Abete, presidente di una Federazione Giuoco Calcio che nel luglio del 2011 decide di non decidere sul ricorso contro lo scudetto 2006 assegnato a tavolino all’Inter. «Sindrome di incompetenza» ritenuta irrispettosa dai vertici bianconeri.
Quindi si va avanti con le stelle, assolutamente tre. Un modo per riaffermare la richiesta di giustizia, dopo la scoperta tardiva del filone di intercettazioni che riguardava anche l’Inter, finito però, come si sa, in prescrizione. Perché in tutta questa storia, almeno due domande hanno risposte chiare. Se il procuratore Palazzi, nel 2006, fosse stato a conoscenza di quanto emerso successivamente al processo di Napoli, avrebbe deferito anche l’Inter? Sì. E si sarebbe mai potuto assegnare all’Inter lo scudetto revocato alla Juve? No.
Per questo la Juventus reclama quei due scudetti vinti sul campo e tolti dalla Federcalcio «per slealtà sportiva e illecito strutturale», come affermano le sentenze passate in giudicato. E se la Juve non vuole rinunciare agli scudetti vinti sul campo, l’Inter non ha alcuna intenzione di restituire il suo scudetto non vinto ma assegnatole dal commissario federale Guido Rossi, suo ex consigliere d’amministrazione. Tornare a 17 sarebbe inaccettabile.
Posizioni da sei anni inconciliabili soprattutto a causa di una Federcalcio incapace di imporre il rispetto di regole, invocate a volte anche a sproposito e in alcuni casi inesistenti (come quelle che regolano le divise delle squadre di Serie A e non citano la parola «stella» e la relativa tradizione). Ed è un guaio che il calcio italiano non abbia organi di governo, né federali né di Lega, capaci di reggere e tenere la direzione politica e amministrativa di un settore che, indotto incluso, è la quinta industria del Paese. E amministrare giustizia senza vendette o peloso buonismo.
In fondo, concedere la terza stella alla Juve potrebbe essere il male minore purché la si finisca con questa stucchevole guerra santa da una parte e dall’altra. Potrebbe essere un compromesso accettabile, quello delle tre stelle sulla maglia. Ad esempio, Novara e Casale hanno una stella nel loro stemma.

Ma non si sognano di affermare di aver vinto 10 scudetti.

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