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Gli ultrà contro la Scirea: "Rinunci lei al cognome"

La provocazione dei Drughi: "D'ora in poi il nostro campione non identificherà più il settore più vero e sincero dello Stadium". Zoff: "Superato ogni limite". La Juve nicchia

Gli ultrà contro la Scirea: "Rinunci lei al cognome"

La Signora, la vedova e le curve. Sembra l'incipit di una commedia all'italiana, invece è la cronaca di un triangolo che rischia di far precipitare la situazione in casa Juve, perlomeno sugli spalti. Lo scontro è tra Mariella Scirea e gli ultras bianconeri con la società in mezzo, più spettatrice che cuscinetto. Tutto nasce dai cori contro i tifosi della Fiorentina di domenica scorsa, definiti «antisemiti» e oggetto di un supplemento d'indagine da parte della Procura federale. Il giorno dopo la vedova dell'indimenticato capitano bianconero lancia la provocazione: «O la smettono, oppure tolgo il nome di mio marito a quella curva». I Drughi, storico gruppo del tifo organizzato, ieri in un comunicato durissimo hanno risposto a Mariella Scirea che può essere riassunto in un clamoroso «si tolga lei quel cognome».

Nel documento i tifosi parlano di tradimento: «La ricordiamo alla testa del corteo quel fatidico primo luglio e mai avremmo immaginato cadesse nella trappola di remare contro i colori indossati dal compianto Gaetano». Il riferimento è alla marcia dei tifosi nell'estate di calciopoli. È solo l'antipasto perché poi si passa agli attacchi sul piano personale «varcò la soglia di Montecitorio grazie alla sua condizione di vedova di un grande campione, non certo per le sue qualità». Poi si entra nel merito dell'accusa e si puntualizza che «i cori incriminati, cantati da tutti da più di 20 anni, vengono intonati anche nella Nord, solo che quel settore dello stadio è riservato ai Club Doc ed indovinate chi è presidente del centro coordinamento? Bravi, proprio la signora in questione che preferisce tacere per evitare di doversi dimettersi da un incarico evidentemente ben remunerato». Puntuale la richiesta di dimissioni dal ruolo prima dell'affondo paradossale quanto duro: «Accettiamo l'invito della signora e da ora in poi il cognome Scirea non identificherà più il settore più vero e sincero dello Stadium, ma anche lei facesse altrettanto tornando a farsi chiamare con il cognome da nubile: Cavanna». Concetto ribadito con i cori durante la partita con la Fiorentina: «Mariella Cavanna, la Juve siamo noi».

Di fatto è il punto più alto in un rapporto non sempre facile tra società e tifosi dalla nascita del nuovo impianto bianconero. La divisione dei posti, la scelta del rappresentante nei rapporti con l'Uefa. Una storia di alti e bassi, le vittorie e lo sciopero del tifo in Champions l'anno scorso. E poi quest'anno l'iniziativa di riempire le curve chiuse dal giudice sportivo con i bambini. Anche il settore che fa riferimento alla signora Scirea.

Una convivenza non sempre idilliaca che ora vive un capitolo che sarebbe stato meglio non scrivere. E nel comunicato c'è anche una frecciata alla dirigenza: «Dal sito della società compreso ai biglietti, passando per le indicazioni stradali fino agli abbonamenti, si parla sempre e solo di Tribuna sud». Già, la Juve anche parecchie ore dopo il comunicato dei Drughi non aveva ancora preso posizione. Si è esposto invece Dino Zoff, bandiera e compagno di Gaetano, richiamando tutti al loro posto: «La signora Scirea è sembrata drastica con le sue parole, ma presupponeva un comportamento generale adeguato della gente allo stadio. La risposta nel comunicato dei tifosi della Juventus è stata brutale e mi è sembrata oltremodo esagerata». Poi l'invito dell'ex portiere e capitano bianconero: «Penso si debba chiudere qui. Si è passato il limite di quella che voleva essere solo una provocazione “bonaria” per portare un clima diverso in curva, non una sfida». Il presidente della Figc Giancarlo Abete ha bollato il comunicato come «un'invasione di campo». La parte più moderata dei tifosi e il web lo ritiene «uno scivolone che rischia di arrecare solo danni».

Invece Mariella Scirea non ha voluto rispondere, limitandosi a poche laconiche parole: «Credo che la cosa migliore, l'unica di buon senso, sia il silenzio».

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