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Usa mondiali Gli americani si riprendono il baseball

Roberto Gotta

I primi sono arrivati per ultimi, ma c'è una spiegazione. Primi di fatto a giocare a baseball, gli Stati Uniti sono stati gli ultimi a vincere il World Baseball Classic, perlomeno se si considera che le prime due edizioni erano andate al Giappone, che questo sport lo ha importato, rielaborato e glorificato, e la terza alla Repubblica Dominicana, altra culla di passione antica e recente. L'ascesa degli americani sul piano agonistico, nel Wbc del 2017, è stata parallela a quella dei loro tifosi: abbastanza fiacchi e diffidenti all'inizio, più calorosi nella seconda fase, scatenati nella terza, ovvero semifinale di martedì contro il Giappone e finale di mercoledì notte contro Porto Rico, dominata per 8-0 in una gara in cui ha ancora fatto la differenza il reparto lanciatori statunitense.

Marcus Stroman, partente come cinque giorni prima contro la medesima avversaria, che lo aveva messo in difficoltà, ha concesso la prima valida solo al 7° inning ed ha chiuso come miglior giocatore del torneo. Giustificando così la scelta di vestire i colori della nazionale americana e non di quella portoricana, come avrebbe potuto fare per origini della famiglia. Uno dei migliori, Christian Yelich dei Miami Marlins, a trofeo sollevato ha detto al manager Jim Leyland, 72 anni, una storica World Series vinta proprio con Miami nel 1997, «questa è stata la migliore esperienza della mia vita». E chissà che il messaggio, propagato attraverso compagni di squadra e avversari nelle 162 partite della imminente regular season Mlb, non arrivi all'obiettivo di far arrivare alla nazionale un maggior numero di superstar della Lega.

Magari per le Olimpiadi del 2020, in cui il baseball tornerà sport ufficiale, e in cui sarebbe bello che gareggiassero davvero i migliori.

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