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Valencia 2006 e il sogno americano: la parabola sfortunata di Nicky Hayden

Valencia 2006 è la perfetta parabola del sogno americano nella MotoGP, con l'unica gioia del compianto Nicky Hayden che trionfa nella classe regina contro ogni pronostico

Nicky Hayden si è appena laureato campione del mondo della MotoGP. Valencia, 29 ottobre 2006.
Nicky Hayden si è appena laureato campione del mondo della MotoGP. Valencia, 29 ottobre 2006.

Il sole è alto in cielo e batte forte sopra alle teste delle decine di migliaia di appassionati che sono accorsi sulle tribune e sugli spalti dell’autodromo Ricardo Tormo di Valencia. Il circuito iberico è esaurito in ogni ordine di posto, qui ci si gioca l’atto conclusivo di una stagione di MotoGP intensa e sorprendente. È il 29 ottobre del 2006 e le temperature sono stranamente più elevate del solito, c’è tensione nell’aria ma soprattutto in pista. Il grande favorito per la vittoria finale è Valentino Rossi, che dal 2001 ininterrottamente porta a Tavullia il titolo della classe regina, e forte dei suoi otto punti di vantaggio sul primo degli inseguitori, accarezza il sogno di vincere il suo sesto mondiale consecutivo, come solo Mick Doohan è riuscito a fare. Il Dottore è stato determinato e più forte della mala sorte, che ha colpito spesso la sua Yamaha M1, nel compiere una rimonta forsennata per riuscire a issarsi in vetta alla classifica. Adesso gli manca solo l’ultimo tassello. La marea gialla è pronta a sostenerlo, inutile dire che a Valencia sono tutti per lui.

L'occasione della vita

Dall’altra parte c’è il ragazzo che non ti aspetti, lo sfidante è un venticinquenne che arriva da lontano, precisamente da Owensboro, Kentucky. Ha i lineamenti delicati, gli occhi azzurri e i suoi modi sono garbati, sfoggia sempre un sorriso smagliante e si tiene lontano da riflettori e polemiche. Piloti e addetti ai lavori lo stimano, si fa voler bene da tutti. Certo ha dovuto sgomitare per essere arrivato fino a questo punto, a giocarsi il titolo mondiale della MotoGP, dopo essere cresciuto in mezzo alla polvere delle piste da cross degli Stati Uniti d’America. Lo chiamano Kentucky Kid, come un personaggio di un fumetto o un eroe dei film western, ma all’anagrafe è semplicemente Nicky Hayden. Sulla carena della sua Honda sfoggia il numero 69, ereditato da suo padre anch’egli pilota, e diventare campione del mondo nella massima categoria del motociclismo è il sogno che custodisce nel cuore fin da piccolo. Dentro di sé si porta un bagaglio di sogni e speranze, che però rischiano di andare in frantumi. Sa che questa è l’occasione della vita, potrebbe non accadere più, ma non è il favorito. L’americano è stato in testa alla classifica dalla terza fino alla penultima gara, quando in Portogallo il suo compagno di squadra, Daniel Pedrosa, lo ha steso facendogli riassaporare la polvere, come quando correva da ragazzino in Kentucky, anche se stavolta il gusto è stato molto più amaro.

Valencia e il coronamento di un sogno

Quando i semafori si spengono l’imponderabile destino scombina le carte in tavola, soverchia i pronostici e accompagna agli inferi il campione patinato. Dopo pochi istanti Valentino Rossi sbaglia curva 2 e finisce nella ghiaia con la sua Yamaha gialla e blu numero 46 che comincia a roteare. Per Hayden si spalancano le porte dell’Olimpo dei grandi della MotoGP, l’outsider ha la sua rivincita. Poco importa se a vincere la gara è la Ducati della “Wild Card” Troy Bayliss, a Kentucky Kid basta il terzo posto per laurearsi campione del mondo. Sotto alla bandiera a scacchi, nella testa del nuovo iridato può riavvolgersi il film di una stagione sensazionale, fatta di dieci podi, fra cui due primi posti ad Assen e a Laguna Seca, dove ha vestito i panni del “mostro della laguna”. Questo è il trionfo di un gregario, di uno scudiero talentuoso e dedito al sacrifico, che si è fatto le ossa nei campionati delle derivate di serie e non nel Motomondiale. L’unico a riuscire in questa impresa finora.

Un destino amaro

Nelle dolci e sincere lacrime di Nicky Hayden, ancora seduto sulla sua moto e avvolto nella bandiera a stelle e strisce c’è il coronamento del sogno di un bambino, che ci ha creduto fino alla fine, consapevole che a volte le favole si realizzano nel più inatteso dei modi. Dopo Valencia 2006 l'americano non è più riuscito a tornare ai livelli di quell’annata magica, come se l’incantesimo si fosse rotto di colpo, ma ancora peggior è la ciò che la sorte, un tempo amica, gli ha riservato nel 2017 quando si stava allenando in bicicletta nei pressi di Riccione. Un incidente stradale lo ha prima costretto al coma e poi a una morte prematura a soli 35 anni. Gli immediati istanti successivi al suo trionfo di sedici anni fa, restano una delle fotografie più belle e romantiche di tutto il motociclismo, e consegnano alla storia l’ultima grande impresa di un pilota statunitense nella classe regina, la MotoGP.

Il sogno americano su due ruote.

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