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Vecchia Juve e nuove star Una fusione da Champions

La finale di Cardiff è nata nella notte amara di Berlino Il lavoro del club e di Allegri per preparare la rivincita

Vecchia Juve e nuove star Una fusione da Champions

Da una finale all'altra. Berlino e Cardiff adesso sono legate da un filo bianconero. Perché la Juventus ha lavorato per tornare a giocarsi l'ultimo atto della Champions League dal fischio finale della sfida persa due anni fa con il Barcellona. La società ha fissato l'obiettivo, l'allenatore ha plasmato la sua creatura e i giocatori hanno fatto un patto. € Così la fusione tra vecchio e nuovo ha prodotto una squadra all'altezza delle prime cinque in Europa. L'aneddoto rende l'idea. Due anni fa Marchisio il giorno dopo la delusione ha accolto con queste parole il nuovo arrivato Dybala: «Guarda che dobbiamo tornare a giocare una partita così». A Cardiff mancano ventitrè giorni perché tutto si compia.

Tutto parte dalla società che non ha considerato Berlino un punto di arrivo, ma di partenza. Nell'estate del 2015 c'è sì stata una rivoluzione, ma solo per volontà dei giocatori in uscita. Via Tevez, Pirlo e Vidal, ma non è stato un ridimensionamento. Perché si è subito puntato su giocatori abituati a vincere sul palcoscenico europeo come Mandzukic e Khedira, si è scommesso pesantemente su talenti come Dybala e Alex Sandro e si è aggiunta l'arma tattica Cuadrado. L'anno scorso l'eliminazione con il Bayern Monaco ha detto che mancava davvero poco al salto di qualità definitivo. Via Pogba, perso controvoglia Morata ma dentro Higuain, Pjanic e Dani Alves (più Benatia). In tutto questo il punto fermo è stato lo zoccolo duro: Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini e Marchisio (più Lichtsteiner).

E martedì sera allo Juventus Stadium si è compiuta la fusione perfetta. Perché in campo sono entrati tutta la vecchia guardia italiana e tutti i grandi colpi delle ultime due sessioni di mercato. Agnelli, Marotta, Paratici e Nedved si saranno scambiati pacche sulle spalle perché il ritorno con il Monaco è stata la presa di coscienza che la società non ha sbagliato una mossa.

Poi la mano di Allegri ha fatto il resto. L'allenatore ha spiegato così la seconda finale in tre anni, già questa a tutti gli effetti un'impresa: «Abbiamo lavorato fin da dopo la finale di Berlino per tornare in finale». Ma soprattutto la svolta è arrivata in questa stagione e l'allenatore ha ammesso: «È stato un percorso anche per me perché siamo partiti per giocare in un certo modo. Poi quando hai i giocatori sotto mano ti rendi conto meglio delle caratteristiche che hanno». Come Dani Alves che sta trascinando la squadra in questo finale di stagione: «Ma qualcuno sei mesi fa lo voleva impiccare... Quando uno è bravo, è bravo sempre...», gongola Allegri che dopo il modulo a trazione anteriore, ha avuto la grande intuizione di spostare sulla linea degli attaccanti l'esterno brasiliano.

Dani Alves è il valore aggiunto, il giocatore che indica la via alla squadra, lui che ha vinto di tutto e di più. E anche se ieri in Spagna scrivevano che voleva tornare al Barcellona a gennaio, nel periodo più difficile dall'arrivo in Italia tra l'infortunio e un ambientamento complicato. «Barça? Il passato è passato, ora pensiamo al presente», ha detto Dani Alves al sito dell'Uefa. Da vincente quale è ha un solo pensiero in testa: «Ora dobbiamo portare la coppa a casa. Sono fiero di questa squadra, ma non abbiamo ancora fatto niente. C'è più fiducia di due anni fa e andremo in campo per vincere. Sarebbe speciale, non possiamo buttare via tutto». A Berlino lui aveva la maglia del Barcellona, due anni dopo indossa quella bianconera. La conferma che la Juve in quella notte amara ha iniziato a lavorare per tornare a giocarsi una finale di Champions. C'è solo da completare il lavoro.

Al filo bianconero manca solo un ultimo nodo.

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