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Ventura rifà l'unità d'Italia. "Il problema siamo solo noi"

Il ct: "Andremo al Mondiale. Il pericolo non è la Svezia Serve la solita squadra che quando conta si compatta"

Ventura rifà l'unità d'Italia. "Il problema siamo solo noi"

nostro inviato a Firenze

La tempesta delle critiche è alle spalle. Come quella notte da incubo di Madrid che ha fatto saltare le certezze della truppa azzurra, portando gli azzurri in un circolo vizioso di prestazioni e risultati che hanno alimentato incubi ed evocato scenari apocalittici. Oggi è tempo di remare tutti dalla stessa parte, perché prendersi il Mondiale è importante per tutto il movimento calcistico italiano che a livello di club sta tornando a far brillare gli occhi. Quelli di Giampiero Ventura ancora non brillano, ma esprimono serenità. Che deriva dalla consapevolezza che gli azzurri lunedì sera avranno il loro posto in Russia. «Nessuno ha mai preso in considerazione l'ipotesi di non andare al Mondiale», esordisce Ventura. Quando il ct prende la parola nell'aula magna di Coverciano, dando il via all'operazione Svezia, seduto in prima fila c'è il presidente Tavecchio, qualche posto più indietro il dg Uva e il vicepresidente Ulivieri. Il segnale di compattezza di chi sa che può affondare o salvarsi.

Non è tempo di pronunciare ancora parole tipo catastrofe o apocalisse. Né è il tempo di stupire o di fare sogni, ma una promessa Ventura la regala: «Gli italiani non ci hanno mai deluso in occasioni del genere, come dimostrano i 65mila che hanno già acquistato il biglietto della partita di ritorno a San Siro, e noi non li deluderemo. L'Italia dovrà essere solo l'Italia, ovvero quella squadra che nelle sfide importanti si è sempre compattata. Il problema non è la Svezia, che gioca allo stesso modo da sempre, ma l'Italia stessa».

I malumori post Macedonia e Albania (gioco deludente, ma playoff centrati) rappresentano il passato. Ventura, come i giocatori, hanno già azzerato tutto perché ora conta solo prendersi il Mondiale nei 180 minuti. Il ct è rilassato perché nel momento chiave della sua gestione azzurra potrà contare sugli uomini giusti più o meno recuperati, in particolare quelli di esperienza. Che appena un mese fa hanno catechizzato i più giovani su cosa vuol dire essere in Nazionale e oggi sono i primi a voler dare risposte sul campo per condurci al traguardo.

«L'esperienza conta, finora abbiamo fatto esordire 13 giocatori, ma la presenza di calciatori abituati a sfide del genere incide», sottolinea Ventura. Che spiega poi il motivo di un gruppo così allargato di convocati (27): «In 72 ore giochiamo due partite fondamentali, ci sono giocatori acciaccati e diffidati (quattro, tutti probabili titolari venerdì, ndr). C'è chi sta meglio e chi peggio, ma tutti hanno grande convinzione». Come Zaza, tornato in azzurro «per i suoi gol, le sue prestazioni e il suo comportamento dopo che era finito ai margini». O il naturalizzato del Napoli Jorginho, ripescato in azzurro dopo i venti minuti giocati con Conte 17 mesi fa e che aveva strizzato l'occhio (più lui che il ct Tite, in realtà) al Brasile, sua patria d'origine. «Quando non lo chiamavo è perché il modulo utilizzato non prevedeva il suo impiego», spiega il ct. Che sull'esclusione di Romagnoli invece dice: «Lo stiamo aspettando, ancora non gioca con continuità per gli infortuni che ha avuto, lui è il futuro della Nazionale».

Il ct fatica a guardare, come per altro la Federcalcio, al di là del doppio round con la Svezia. All'orizzonte ci sono gli stage (il primo già il 5 e 6 dicembre), le amichevoli di lusso nel 2018 con Argentina e Inghilterra. «Possiamo fare cose ancora più importanti ma il mio sogno - conclude Ventura - è avere per venti giorni una squadra da allenare. E si avvererà se porterò l'Italia ai Mondiali...

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