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Viviani, che sprint Anche i mostri si devono inchinare

Il veronese rimonta e batte Greipel, Hofland e Petacchi Un pazzo entra nella corsa in bici e fa cadere mezzo gruppo

Viviani, che sprint Anche i mostri si devono inchinare

GenovaGenova per lui è pura adrenalina. È un urlo che risuona nella bolgia di via XX Settembre. È un sogno lungamente inseguito. Genova per Elia Viviani, 26 enne veronese di Isola della Scala, è il primo successo nella corsa rosa, e con quella faccia un po' così guarda il cielo e indica qualcuno che c'era e da poco non c'è più. «Una vittoria che ho inseguito a lungo - dice felice subito dopo il traguardo il veronese -. Una vittoria che a voglio dedicare a Franco Farronato, il mio meccanico scomparso qualche settimana fa».

Elia Viviani fa sua con una volata da autentico pistard la seconda tappa del Giro d'Italia. Sul traguardo di Genova il velocista del Team Sky batte con un sontuoso sprint l'olandese Hofland e il tedesco Greipel. La maglia rosa resta in casa Orica GreenEdge, ma passa dalle spalle di Simon Gerrans a quelle di Michael Matthews, stesso passaporto australiano, già in rosa nel Giro 2014 per sei giorni, a partire proprio dalla seconda tappa di Belfast.

Genova per lui, per Elia Viviani, è ormai memoria, storia e racconto. «Sabato la cronosquadre non è andata benissimo per noi della Sky - ha spiegato il veronese - e oggi (ieri per chi legge, ndr) ho approfittato del lavoro dei miei compagni di squadra il cui primo obiettivo era quello di tenere davanti il nostro leader, Richie Porte. Siamo stati bravi a fare il nostro lavoro e alla fine in volata mi sono arrangiato: questa vittoria corona tutti i sacrifici che ho fatto in questi anni».

Una volata di astuzia pura. Nascosto, per quel che ci si può nascondere in una volata ad oltre sessanta all'ora, fino alla fine, fin quando non è partito secco il tedesco Greipel, grande sconfitto di giornata, che molto probabilmente non conosceva bene il rettilineo finale, che tende a salire leggermente. Il tedesco si pianta, Viviani, ben messo alla sua ruota, capisce subito che l'uomo da battere è l'olandese Hofland e il veronese prende la sua ruota. Dal lato di sinistra si gettano tutto a destra, poi al centro. Prima lo affianca, poi il guizzo che fa la differenza, prima del colpo di reni finale, da vero pistard, lui che in carriera vanta 13 titoli italiani, tre europei, due argenti e un bronzo mondiale, oltre ad aver ottenuto un quarto posto alle olimpiadi di Londra.

Prima della volata, era successo poco. La solita fuga, con Marco Frapporti dell'Androni a scattare: è sua la prima fuga del Giro. Alla ruota del bresciano ci sono l'olandese Lindeman, il polacco Owsian, l'albanese Zhupa e Giacomo Berlato. Cinque corridori all'attacco che arrivano ad avere quasi 10' di vantaggio sul gruppo. Poi una caduta ai -23 dall'arrivo innescata da Haussler penalizza due uomini veloci come Colbrelli e Pelucchi. Un'altra invece fraziona il gruppo ai -10, quando si è già nel circuito cittadino di Genova e i fuggitivi sono stati ripresi: a farne le spese Pieter Serry (che si ritira), ma anche Domenico Pozzovivo. Il lucano non riesce a riportarsi sul gruppo e al traguardo paga 1'09'', che diventano 1'50'' nella generale da Contador. Le cadute ci stanno, fanno parte del gioco, ma quando a causarle sono i cretini, beh, allora il discorso cambia. A gridare al cretino è infatti Eugenio Alafaci, che al termine della corsa twitta rabbioso: «Se becco quel cretino che a 10 km dall'arrivo ha avuto la brillante idea di buttarsi in gruppo con la bici a scatto fisso, lo gonfio».

Grande spavento, ma per fortuna nessun danno.

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