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Wiggins, il baronetto molestato da piccolo

La rivelazione su un episodio con l'allenatore: "Avevo solo 13 anni..."

Wiggins, il baronetto molestato da piccolo

Si è sempre contraddistinto per il suo essere anticonformista e fuori dagli schemi, ma anche per dire pane al pane e vino al vino. Bradley Wiggins, il baronetto della Regina, è tipo franco e sincero, diretto e spietato: al limite dell'insolenza. Se c'era un corridore del gruppo che poteva vantarsi di dire sempre quello che pensava senza peli sulla lingua, quello era proprio lui, il primo britannico capace di vincere il Tour de France nel 2012, con in bacheca la bellezza di 5 ori olimpici e 6 titoli mondiali tra strada e pista, uno dei migliori ciclisti del nuovo millennio. Quindi non c'è da meravigliarsi che l'inglese abbia deciso di aprirsi ancora una volta, per raccontarsi ancora un po'.

Vittima di molestie sessuali da un allenatore quando aveva 13 anni. Il fuoriclasse britannico ha deciso di mettersi sul lettino di uno psicanalista per raccontare la faccia oscura della sua anima in una dolorosa intervista rilasciata a Men's Health UK: «Sì, sono stato molestato da un allenatore quando ero più giovane. Un episodio che non ho mai completamente accettato e che ha avuto un forte impatto su di me anche da adulto. Ho cercato di seppellire tutto».

Wiggins racconta di un'infanzia e adolescenza difficili, scandite da un patrigno manesco e anaffettivo, come però aveva già raccontato in più di un'occasione. «Il mio patrigno era piuttosto violento con me, era solito chiamarmi frocio per aver indossato Lycra e cose del genere, quindi non pensavo di poterglielo dire spiega -. Così mi sono chiuso in me stesso. Sono stato un adolescente piuttosto strano per molti versi e penso che la bicicletta sia stata una risposta a tutte queste avversità».

Dal patrigno al padre: la narrazione scorre nel dolore. I problemi ci sono, e anche grandi col padre naturale, Gary Wiggins, anche lui ciclista, che ha abbandonato la famiglia quando Bradley era poco più di un bambino ed è poi deceduto nel 2008. «Era il mio eroe - dice il vincitore del Tour 2012 -. Volevo mettermi alla prova con lui. Era un buon ciclista, ma era un talento sprecato. Era un alcolizzato, un maniaco depressivo, piuttosto violento, che all'epoca prendeva molte anfetamine e droghe.

Abbiamo riallacciato i rapporti per poi allontanarci di nuovo: nei due anni precedenti alla sua morte, non abbiamo più avuto rapporti».

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