la stanza di Mario CerviCi sono casi in cui i magistrati dovrebbero essere più elastici

Egr. Dr. Cervi, la richiesta del procuratore generale De Petris di condanna a 12 anni per Niccolò Pollari, ex capo del Sismi; la lettura in aula di atti che il governo aveva segretato nel 2010; il conflitto tra il capo dello Stato e la procura di Palermo in merito alle intercettazioni non pubblicabili; lo stesso problema della Procura di Taranto nei confronti del governo Monti che aveva fatto il possibile per rimettere in moto l'Ilva mi fanno pensare che una parte della magistratura ritenga di avere un potere assoluto. Quando si tratta di sicurezza dello Stato o di problemi di un'intera popolazione, i criteri di valutazione dovrebbero tener conto dell'interesse generale.
Soranzen (Belluno)
P.S. Un tg ha dato notizia che il presidente dell'Eni è indagato per tangenti pagate dalla Saipem a funzionari algerini per giungere ad accordi e contratti milionari. Per i contratti da fare con i Paesi arabi, ho l'impressione che la mancia sia la prima cosa di cui si deve parlare. E allora che si fa, si rinuncia a fare i contratti?

Caro De Carli, molti provvedimenti e atteggiamenti della magistratura prescindono - almeno così sembra ai più - dal buon senso e da una valutazione seria dell'interesse generale. La legge va rispettata ma in suo nome non può essere ignorata la realtà della vita. Il volerla negare spiega la distanza enorme che corre, in Italia, tra la sensibilità dei cittadini e l'insensibilità dei codici. Butto lì alcune considerazioni, ben sapendo che dai puristi del diritto saranno bollate come blasfeme. Da che mondo è mondo i servizi segreti hanno agito in un territorio ambiguo. Le ragioni della sicurezza non sempre coincidono con quelle della assoluta legalità. Allo stesso modo, per quanto riguarda il suo poscritto sul caso Saipem, è deplorevole ma inevitabile che in certi Paesi e in certe circostanze un'azienda debba allungare tangenti per non perdere affari importanti. È intelligente e utile che a quei contratti si rinunci in odio alle mance, lasciandoli a concorrenti meno scrupolosi? Sì, la massima latina recita che la legge deve trionfare, anche se per il suo trionfo cascasse il mondo. Ma al momento opportuno anche i nostri antichi padri scendevano a compromessi. Non accetto il rigore formale quando ci vanno di mezzo gli interessi vitali di migliaia di lavoratori. L'Ilva di Taranto doveva senza dubbio essere risanata, ma non è che dopo decenni d'inerzia un mese o un anno in più facciano gran differenza. Di nobili intenzioni sono lastricate le vie della dissennatezza. Capitò anche con i pretori d'assalto che, volendo applicare con perentorietà salvifica lo statuto dei lavoratori, imposero ai produttori di panettone d'assumere a tempo pieno definitivamente gli stagionali. Il grande afflato sociale portò al fallimento importanti marchi dolciari.

Potrei anche capire le puntigliosità arcigne di alcuni magistrati se non fossero in clamorosa contraddizione con i lassismi, i ritardi, le rivalità carrieristiche, a volte i maneggi loschi dei «palazzacci» italiani.

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