PAROLA_LETTORI

la stanza di Mario CerviGli imprenditori rischiano in proprio ma non sono dei santi

Anche oggi che sinistra e sindacati parlano di riduzione del cuneo fiscale si percepisce che lo fanno sforzandosi e riempiendosi la bocca di cose che non comprendono, che si scontrano atrocemente con la mentalità radicata per la quale il «padrone» è da osteggiare a prescindere. Il «padrone» è una persona, padre di famiglia come i suoi dipendenti, che rischiando tutto (tutto, vita compresa) ha investito il futuro suo, della sua famiglia e dei suoi collaboratori su un'idea che reputa vincente. Il personale è al primo posto nelle sue priorità, tanto che a lui è assicurato il reddito, mentre l'imprenditore incassa soltanto se resta qualcosa. L'imprenditore è un benefattore (e Berlusconi più di tutti essendo il più grande in Italia) e non un limone da spremere.
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Caro Sgarallino, il mio parere è che lei dia degli imprenditori un'immagine idilliaca e angelicata più del dovuto. Eguale e contraria all'immagine idilliaca e angelicata che la sinistra ha sempre dato del proletariato. Sia gli imprenditori sia gli impiegati e gli operai sono esseri umani. Con le qualità e i difetti che questo comporta. Tralascio gli esempi rari e ammirevoli di dedizione sociale di cui si hanno esempi in entrambe le categorie. Ma la normalità è rappresentata da uomini che hanno umani egoismi e umane avidità. Cosicché i dipendenti di enti pubblici o di aziende lassiste (come l'Alfa Romeo quando era statale) indulgono all'ozio e all'assenteismo, e molti industriali non esitano a sfruttare la mano d'opera. Poche voci di protesta si sono levate, nell'universo imprenditoriale, quando in fabbrica faticavano i bambini di dieci anni. Evitiamo le enfatizzazioni retoriche. Gli imprenditori devono fare al meglio il loro mestiere che è quello di produrre e di guadagnare. Se invece perdono quattrini sono dei cattivi imprenditori. Qualcosa in proposito l'aveva già scritto Adam Smith.

I santi cerchiamoli altrove.

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