PAROLA_LETTORI

la stanza di Mario CerviI professionisti del disordine sono peggio che semplici «cretini»

Giovani vandali creano caos nelle maggiori città. Negozianti che pagano tasse e adempimenti vari sono ben poco difesi dallo scempio che subiscono. Le manifestazioni isolano le strade in cui incombono e tengono lontani i clienti. I passanti sono presi tra i cosiddetti manifestanti e la polizia che fa quel che può. Non ci si sente sicuri se chi dovrebbe difenderci deve preoccuparsi delle accuse e delle sanzioni cui verrebbe sottoposto per aver represso i crimini. I poliziotti sono definiti «cretini» se restituiscono almeno un po' delle botte subite. La ragione sarebbe di chi si difende, ma se anche i vertici sono così solleciti a difendere i diritti dei criminali, ci si sente confusi e in pericolo.
Rapallo (Genova)

Caro Oneto, l'illegalità - da chiunque compiuta e comunque motivata - mi ripugna. Il che vale sia per i guerriglieri aggressori sia per gli agenti dell'ordine che all'aggressione rispondono con la violenza. Il «cretino» o i «cretini» hanno sbagliato. Mi sembra tuttavia indecoroso il compiacimento con cui agitatori politici e organi d'informazione anche importanti hanno registrato le parole ingiuriose e vanitose di chi nelle mischie ha rimediato dei lividi. C'è qualcosa di terribilmente vile nel comportamento di professionisti del disordine che mettono a soqquadro le città, impongono disagi enormi ai cittadini, devastano e infine si scagliano provocatoriamente contro i poliziotti nella speranza che reagiscano. E lo fanno i vandali in servizio permanente, pronti a infiltrarsi in ogni manifestazione perché degeneri, si atteggiano ad angioletti, a vittime, coprono d'insulti il potere oppressore, alzano inni in onore dei compagni ingiustamente arrestati. Questo tipo di sceneggiata è datato e astuto. Ma in talk show importanti e in grandi testate giornalistiche il giuoco subdolo trova incoraggiamento e suscita accenti indignati. I dimostranti di Roma rivendicavano la casa. La maggioranza degli italiani se l'è fatta non inveendo ma lavorando.

Attività quest'ultima che negli ambienti antagonisti è completamente sconosciuta.

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