PAROLA_LETTORI

la stanza di Mario CerviLe preferenze e gli effetti collaterali delle terapie politiche

Caro Cervi, le preferenze, le preferenze! Se l'elettore si accontenta di mettere la sua croce sul simbolo del partito dal quale vuole essere governato il voto non è valido. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale. È evidente che vado controcorrente perché sostengo da tempo: che cosa ne sa dei singoli candidati l'operaio che torna stanco dal lavoro e, invece di incollarsi davanti a Porta a porta, si riposa per essere in forze il giorno seguente così come lo vuole il datore di lavoro, e cosa può mai saperne la massaia di come «butterà» questo o quell'aspirante al seggio quando su quel seggio si sarà accomodato? Non è forse meglio che la responsabilità del buon funzionamento della «squadra» se la pigli tutta intera il segretario del partito? Anche perché, in caso di mala riuscita, il popolo sovrano saprebbe a chi addebitare la colpa.
Camogli (Genova)

Caro e assiduo Fassone, il tormentone delle preferenze torna sovente in questa «Stanza», e la sentenza della Corte Costituzionale - che le preferenze ordina di ripristinarle - l'ha attualizzato. Ho scritto più volte e ripeto che secondo me gli elettori hanno il diritto di approvare o disapprovare i candidati scelti dalle segreterie di partito. Con le liste bloccate il cittadino si trovava frequentemente nella situazione di voler votare un certo partito, ma di essere nello stesso tempo costretto a votare individui per i quali non aveva nessuna stima. Le preferenze lasciano ai cittadini, quando si tratta di mandare in Parlamento gli aspiranti a un seggio, un qualche potere di scelta. Molte volte gli aspiranti si dimostreranno indegni, e molte volte, purtroppo, saranno rieletti. Diversamente da lei penso tuttavia che il popolo debba essere sovrano nell'esprimere il suo parere sui futuri parlamentari. Solo di rado, lo so, il cittadino che infila la sua scheda nell'urna conosce veramente chi merita d'essere deputato o senatore, e chi no. Quando le preferenze esistevano i «signori delle centomila preferenze» potevano essere dei demagoghi clientelari, specialisti nel raccomandare gli inetti per i posti pubblici e nel prodigarsi in promesse mai mantenute.

Le terapie politiche hanno spiacevoli effetti collaterali.

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