PAROLA_LETTORI

la stanza di Mario CerviL'ipocrisia mondiale delle Nazioni Unite sul femminicidio

Di celebrazioni atte a dividere il popolo, come il 25 aprile o il primo maggio, l'Italia era satura. Ma l'italiota intellighenzia laica ha deciso di aderire all'ennesima bufala ideologica dei burocrati dell'Onu chiamata giornata contro la violenza sulle donne. Sebbene la statistiche del cosiddetto femminicidio (altro neologismo di conio ideologico) rispecchino percentuali irrilevanti e sempre uguali dai tempi di Adamo ed Eva, il 25 novembre migliaia di donne hanno fatto capolino nei media, nelle piazze e nei dibattiti pubblici per vomitare parole all'indirizzo dell'universo maschile. Nessuna delle indignate ha parlato in difesa della dignità della donna, la maggioranza si è limitata ad aggiungere tasselli alla rivoluzione femminista. Non una parola di autocritica verso i doveri famigliari: fedeltà coniugale, diritto dei non ancora nati a nascere, dei bambini a non essere scaricati 8 ore all'asilo e delle minorenni a non essere educate come Lolite dal condom facile. Gli innumerevoli casi di donne che hanno ammazzato figli e mariti o che hanno depredato il patrimonio del coniuge divorziato sono macchie non cancellabili da chi alza la voce per sfuggire alle proprie mancate responsabilità.
Verona

Caro Toffali, posso anche essere d'accordo con lei quando critica certe celebrazioni che, soprattutto se avallate dall'Onu, sbandierano sommi principi e ingaggiano crociate moralistiche, ma al dunque danno pochi frutti. Mi trovo invece in totale disaccordo con la tesi che il femminicidio sia una montatura politica e mediatica. Piaccia o no il neologismo, il femminicidio è una tragica realtà. Che, per essere chiari, l'Onu non ha nessun diritto di bollare con toni indignati. Nelle assemblee delle Nazioni Unite e delle loro costose articolazioni siedono con pari dignità molti Paesi che alla donna riserbano un ruolo di sottomissione, negandole perfino, là dove la sharia è più scrupolosamente osservata, la possibilità di guidare l'automobile. I precetti religiosi di quei Paesi sono in flagrante contraddizione con la carta dei diritti umani e con le uguaglianze che essa detta. Se davvero l'Onu ha tanto a cuore la sorte delle donne, cominci intimando agli Stati islamici d'allineare i loro comportamenti con i comportamenti dei Paesi democratici. Se non ci stanno perché la sharia va sempre onorata lascino le Nazioni Unite. Ma l'auspicata intimazione non verrà mai.

Verranno le chiacchiere.

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