PAROLA_LETTORI

la stanza di Mario CerviProust snobbava i giornali, ma se avesse avuto internet...

Quale sarà il futuro dei giornali? Con l'avvento prepotente di Internet gli addetti ai lavori si interrogano sul loro ruolo. In Dalla parte di Swann, prima parte del capolavoro Alla ricerca del tempo perduto, Marcel Proust quasi un secolo fa si era rivelato buon profeta. «Quel che io rimprovero ai giornali è di farci prestare attenzione ogni giorno a cose insignificanti, mentre non leggiamo che tre o quattro volte in tutta la vita i libri dove ci sono cose essenziali. E poiché ogni mattina strappiamo febbrilmente la fascetta del giornale allora bisognerebbe invertire le cose e mettere nel giornale i Pensieri di Pascal. Mentre è in uno di quei volumi col taglio dorato che apriamo una volta ogni dieci anni che dovremmo leggere che la Regina di Grecia è andata a Cannes e che la Principessa di Leon ha dato un ballo in costume». Quotidiani sempre più simili a settimanali di gossip e telegiornali gemelli dei reality: è questo il panorama giornalistico attuale. Quello futuro come sarà?
Monfalcone (Gorizia)

Marcel Proust era un genio. Ma le sue previsioni sul futuro dei giornali ricalcavano quelle di cui s'è sempre compiaciuta e tuttora si compiace la cultura elitaria e autoreferenziale. Per quella cultura i contenuti d'un quotidiano dovrebbero essere alti e nobili, i Pensieri di Pascal anziché le frivolezze su regine e principesse, o peggio. Bellissima idea che tuttavia, tradotta in pratica, aveva e ha un grande difetto. I giornali così concepiti non li legge nessuno, i tesori intellettuali di cui si nutrono restano riservati a poche anime nobili. Non è meglio allora indulgere al pettegolezzo infilandovi alcune cose serie? La diagnosi di Proust mi pare comunque sia irrimediabilmente datata, abbia poco a che fare con i veri problemi che la stampa deve oggi affrontare e che derivano soprattutto dai mezzi tecnici aggiornati per non dire rivoluzionati di cui la comunicazione si serve. Il primo durissimo colpo alla carta stampata l'ha dato la televisione con i notiziari in pillole e, per i più esigenti e pazienti, con i talk-show da tinello. Poi hanno fatto irruzione la mitiche entità dei tempi nuovi, internet, blog, Twitter e via dicendo. In quel turbinare di sigle e parole la carta stampata annaspa e forse annegherà. Allora sarà davvero venuto il momento, per i nostalgici, di risfoderare Pascal. Credo che la trasformazione più profonda sia avvenuta non nella sostanza delle notizie, ma nel modo in cui vengono diffuse.

Ignorando o quasi la stampa.

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