«È stato un diplomatico nigerino a inventarsi il falso sull’uranio»

Il «Sunday Times»: «Il governo italiano non c’entra. Un funzionario dell’ambasciata e la sua assistente confezionarono il dossier per soldi»

Gian Marco Chiocci

da Roma

Hanno finalmente un nome i responsabili delle falsificazioni sul dossier dei traffici d’uranio utilizzato (in parte) dall’amministrazione Bush per l’intervento in Irak. Secondo fonti Nato citate dal quotidiano britannico Sunday Times, nello scandalo Nigergate non c’entra niente il governo italiano, men che meno i servizi segreti del generale Nicolò Pollari. C’entrano, invece, due funzionari dell’ambasciata del Niger in via Baiamonti a Roma. E, in seconda battuta, c’entra la Francia che sapendo del falso se lo tenne per sé. Stando al reportage del cronista Michael Smith, a taroccare i carteggi sarebbero stati il console nigerino a Roma, Adam Maiga Zakariaou, e la sua assistente personale, Laura Montini. A spingerli nella falsificazione - al contrario di quanto sostenuto da Repubblica nell’inchiesta più smentita della storia del giornalismo - sarebbero state semplici ragioni economiche: volevano guadagnarci su perché entrambi avevano bisogno di soldi.
«Queste rivelazioni - scrive il Sunday Times - si sono prestate ad una serie di teorie "cospirative" molte delle quali accusavano gli inglesi, gli italiani o lo stesso vicepresidente Dick Cheney, di star dietro alla falsificazione e di aver usato i documenti come motivo scatenante della guerra in Irak. In realtà a falsificare le carte sarebbero stati semplicemente Adam Maiga Zakariaou e Laura Montini, in cambio di denaro. Loro hanno macchinato questo piano nello stesso periodo in cui alcuni report venivano inviati alle agenzie di intelligence, inclusa l’MI6 inglese, secondo i quali Saddam stava cercando di acquisire yellowcake dal Niger». Il foglio britannico - ripreso dal sito americano Raw Story che cita ampiamente la controinchiesta del Giornale - spiega che il Nigergate «ha inizio con un incontro in un bar di Roma nel febbraio del 2000 organizzato da Antonio Nucera, un agente del Sismi, tra due suoi ex informatori, Rocco Martino e la Montini. Però, all’insaputa del Sismi, Martino lavorava per gli 007 francesi del Dgse sin dal 1996, dipendeva dal capo stazione di Bruxelles, e veniva pagato circa 1500 sterline al mese». Martino - insiste il Sunday Times - prese in consegna la fonte pagandola circa 350 sterline al mese come informatore. Dopodiché nella primavera del 2000 la Montini consegnò a Martino i documenti sulla visita a Niamey dell’ambasciatore nigerino presso la Santa Sede. «A questo punto - scrive il Sunday Times - Martino chiede alla Montini se ha la possibilità di fornirgli una copia del contratto relativo alla fornitura nigerina di yellowcake all’Irak perché una grossa organizzazione di intelligence è disposta a pagare molto». L’idea di farci un po’ di soldi alletta Zakariaou e la Montini che - secondo fonti Nato compulsate dal reporter Michael Smith - falsificano le carte e le vendono a Martino che subito le passa ai francesi. Questi ultimi, però, scoprono il falso, si rifiutano di pagare il loro agente, ma si tengono la notizia (del falso) per sé. Accade poi che nel 2002 i francesi ottengono un altro documento apparentemente «incriminante», e cioè la lettera che provava come la motivazione della visita dell’ambasciatore in Niger nel 1999 fosse legata alla trattativa di una possibile fornitura di uranio all'Irak. Tale lettera - prosegue il giornale inglese - considerata «credibile» dall’inchiesta inglese di Lord Butler, sembra essere la prova citata da Bush nel suo discorso del gennaio 2003 nel quale afferma che i britannici «hanno appreso che Saddam Hussein ha recentemente tentato di acquistare significative quantità di uranio dall’Africa». I francesi infatti avevano passato le copie dei documenti ai Servizi inglesi con la stretta osservanza di non rivelare la fonte.

I britannici dunque potevano dire alla Cia che l'Irak aveva cercato di ottenere yellowcake dal Niger ma non potevano citare la fonte, che con la scusa dell’anonimato ha sempre giocato a non sapere del falso di Rocco Martino.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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