Per gli studenti il tricolore resta un simbolo vuoto

Il momento dell’alzabandiera era il più comico e nello stesso tempo il più «drammatico» per tutta la Compagnia. Drammatico perché qualcuno poteva giocarsi i gradi, e qualcun altro (come me, soldato semplice) poteva ritrovarsi in prigione. Il tenente non aveva trovato, fra la truppa, nessuno che nella vita civile facesse il musicista, o che semplicemente si arrangiasse con la tromba; così, avvicinatosi alla prima recluta, le aveva ordinato: «Tu suonerai all’alzabandiera».
La povera recluta aveva protestato la sua assoluta incapacità di far uscire suoni da uno strumento, ma niente da fare, quella era la (paradossale) consegna. Così, il momento più solenne della giornata militare, si trasformava in una comica finale, per le stecche e le stonature clamorose della povera recluta. Schierati davanti al tricolore, la truppa faceva sforzi inumani per contenere le risa, e lo stesso credo facessero gli ufficiali, compreso il tenente che aveva imposto a quel disgraziato di diventare Armstrong. Durante il meeting di Rimini, Giulio Tremonti ha lanciato la proposta di fare l’alzabandiera nelle scuole italiane. Di per sé l’idea è buona, anzi più che lodevole. Ma prima di tramutarla in realtà, bisognerà che passi una decina (o un centinaio) d’anni. E vi spiego il perché.
In Italia i giovani non sanno cosa sia la Patria, salvo quando scende in campo la Nazionale di calcio. Per molti, la parola patriota equivale a fascista. In nazioni come la Francia, ad esempio, Patria è il Paese cui tutti si sentono legati come individui e come collettività. Per gli italiani lo Stato è un’entità astratta - come scrive Gervaso - metafisica, uno zio d’America a cui tutto si chiede e dal quale tutto ci si aspetta senza dare nulla in cambio. Nello Stato i cittadini non vedono un garante dei loro diritti, un simbolo in cui riconoscersi, e per il quale, all’occorrenza, battersi. Vedono solo un esattore delle tasse. Prima di fare l’alzabandiera, bisogna riscrivere i libri di storia ad uso degli scolari. Dare più spazio al Risorgimento, per esempio, ma soprattutto interrompere l’egemonia della cultura di sinistra: la maggioranza delle case editrici scolastiche è comunista (così come gli insegnanti) e traetene voi le conseguenze.
Prima di fare l’alzabandiera bisogna riparare le scuole quando non abbatterle e ricostruirle: più del 50 per cento non è in regola con i sistemi di sicurezza. Sarebbe imbarazzante vedersi crollare il tetto addosso essendo sugli attenti davanti al tricolore.

Prima di fare l’alzabandiera bisogna ricondurre a scuola gli alunni, sgravare le famiglie del peso economico dei libri, fare intravedere ai figli uno spiraglio lavorativo dopo il diploma, eccetera. Fare amare, insomma, un po’ di più questa nazione.
Al momento, a fare l’alzabandiera, si sentirebbero nel cortile della scuola risate come in quello della mia caserma.
mardorta@libero.it

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