Controcorrente

La sinistra veste Prada: cosa piace agli elettori

Lo shopping degli italiani rispecchia le loro tendenze politiche. Anche le parole più usate dicono cosa votano

La sinistra veste Prada: cosa piace agli elettori

Che un elettore del centrosinistra preferisca andare a fare la spesa alla Coop piuttosto che all'Esselunga, o che un radical chic eviti i discount a prezzi di saldo, non ci vuole molto per immaginarlo. E nemmeno che un fedelissimo di Forza Italia prediliga la comodità online di Banca Mediolanum: è tra i migliori istituti di credito per i servizi che offre, e ha pure il Biscione nel simbolo. Certe scelte di consumo sono in qualche modo legate agli orientamenti politici, come taluni capi di abbigliamento: gli intellettuali indossano giacche di tweed o di velluto sgualcite e «vissute», i leghisti fanno incetta di felpe, i ragazzi di estrema destra hanno un look da skinhead mentre le nuove leve del Pd portano camicia bianca, cravatta stretta e pantaloni a tubo con l'orlo un tantino corto. Se invece sei D'Alema, sono d'obbligo le scarpe stringate artigianali.

Sono coincidenze isolate? Semplici stereotipi, luoghi comuni, convinzioni sbrigative fondate su preconcetti, oppure una motivazione più profonda accomuna decisioni di acquisto e posizioni politiche? Lo shopping riflette le scelte elettorali? O, magari, è l'orientamento ideologico a influenzare la preferenza accordata a un marchio o un'abitudine di consumo? «La risposta a queste domande è sì, il legame esiste», risponde il professor Furio Camillo, docente di statistica economica e aziendale all'università di Bologna e responsabile scientifico di Glaxi, un laboratorio di analisi sociali e di mercato che studia questi fenomeni in collaborazione con Data Science Lab, Sylla e Sigma consulting.

SCELTE E VALORI

L'idea di fondo è che le scelte sono sempre orientate dai valori di ciascuno. Ogni persona ha convinzioni profonde che, in misura più o meno evidente, influiscono su come ci si comporta. E una volta messa a punto la matrice statistica, si può arrivare a stabilire con buona approssimazione quali marchi acquista l'elettore di un determinato partito o, viceversa, che cosa voterà chi va a un certo supermercato, ha in garage una Fiat piuttosto che una Bmw oppure si veste in una boutique o ai grandi magazzini. «Questa disciplina si chiama semiometria spiega il professor Camillo . Il modello è basato su 210 parole sensibili che nell'inconscio, cioè nel profondo del nostro animo, determinano come ci posizioniamo di fronte al reale. In Francia la semiometria viene usata da quasi vent'anni per monitorare lo stato di benessere mentale dei cittadini, una sorta di barometro dell'umore. È un approccio che torna comodo anche alle banche per minimizzare il rischio di credito: per esempio, prima di concedere un mutuo fanno compilare questionari per dedurre l'atteggiamento del cliente verso l'insolvenza».

Che fanno dunque i ricercatori? Mettono insieme un campione stabile di italiani e ne individuano i valori interiori di fondo, cioè i mediatori delle decisioni, incrociandoli con gli stili di vita, le opzioni di consumo (350 marchi monitorati nel panel come «entità caricate di valore», per usare un'espressione di Camillo), una serie di fattori sociali che determina reazioni positive o negative (droghe, aborto, divorzio, evasione fiscale, immigrazione, atteggiamento verso i giovani e altri) e le preferenze politiche. L'ultima rilevazione è stata effettuata tra l'8 e il 15 febbraio scorsi, 20 giorni prima del voto del 4 marzo, e le urne hanno sostanzialmente confermato l'esito dei questionari di Glaxi. È quasi un lavoro da «profiler»: da alcuni dati si risale a un profilo psicologico e comportamentale confortato da un coefficiente di precisione tra l'80 e il 90 per cento.

Centrodestra e centrosinistra sono ben caratterizzati. Il primo è più orientato al dovere che al piacere, idealista, più «cuore» che «ragione», sensibile a parole simbolo come Dio, patria, disciplina, precisione. Per contro, dalle parti di Pd e Liberi e uguali prevale il piacere, il pragmatismo, il dubbio, l'individualismo. Nella metamorfosi della sinistra in un movimento radical chic il collettivismo è un ricordo sempre più lontano. Nell'elettorato del Movimento 5 stelle, invece, non si rilevano differenze di valori che lo possano caratterizzare con precisione: i grillini sono il nuovo elettorato medio, un partito interclassista in cui si riconoscono persone con idee di fondo anche molto diverse. Se Davide Casaleggio dice che bisogna formare un governo post-ideologico, è perché il suo è il primo partito post-ideali. Le parole simboliche più ricorrenti sono sognare, poesia, certezza, mentre quelle emotivamente sgradite sono dubbio, fede, patria, guerra.

L'elettore di centrodestra viaggia in Hyundai o Smart, ama Armani, Versace e Dolce & Gabbana, ha il conto in Banca Mediolanum, va spesso all'Ikea, scrive con penne Montblanc, porta gioielli Bulgari e orologi Rolex e soltanto se non ha alternative mette piede in supermercati a marchio Coop, Conad, Naturasì, Eurospin. Spiega il professor Camillo: «Sono persone attive, di mezza età e più, con famiglia. Rispetto ai valori registriamo un'adesione alle idee della destra classica, con un distacco lento ma progressivo dal liberalismo al quale Silvio Berlusconi si ispirò nel 1994: i cosiddetti liberal oggi sono più presenti nel Pd. I marchi del lusso segnalano da un lato l'aspirazione a consolidare la propria posizione e dall'altro l'apprezzamento verso oggetti trendy e fashion, mentre il marchio Ikea rispecchia l'attenzione per la casa di proprietà».

SEMPRE PIÙ RADICAL CHIC

Viceversa, il centrosinistra guida auto Ford e moto Ducati (ma Leu predilige Citroen, simbolo dell'operaismo creativo francese del dopoguerra), fa shopping da Zara e Amazon, veste Prada e Trussardi ma anche Dolce & Gabbana, telefona con apparecchi Apple e Samsung, porta i soldi a Unicredit e Intesa Sanpaolo («probabilmente perché il pragmatismo lo induce a scegliere le banche più diffuse sul territorio», osserva Furio Camillo). Pollice verso nei confronti di auto tedesche e di marchi modaioli appariscenti come Versace e Cavalli, anche se resiste il fascino delle griffe: a sinistra non piace fare acquisti sportivi da Decathlon, fermarsi a pranzo da McDonald's e sedersi su poltrone Divani & Divani. L'elettore Pd è attratto da un certo lusso e da «status symbol» come i telefonini di fascia alta o il ristorante di tendenza.

I brand dei 5 stelle sono all'insegna dell'essenzialità: vetture tedesche, spesa all'Eurospin e ai negozi biologici di Naturasì, conto di deposito presso Chebanca, abiti Armani con concessioni a Cavalli e Versace. Camillo sottolinea due scelte: «Bmw e Audi vengono intese come simboli di robustezza e non di lusso. Vale anche per Volkswagen, nonostante gli scandali sulle emissioni dei diesel. Eurospin invece è un marchio che spinge sul rapporto qualità/prezzo e comunica l'idea che la pubblicità sia, in buona sostanza, un orpello cui si può rinunciare. È poi una delle poche catene della grande distribuzione priva di carte fedeltà. Chi vota Grillo abbraccia un modello tedesco, quasi calvinista, all'insegna della sobrietà e nemico dello sfarzo». Un partito discount.

MELTING POT

Che i 5 stelle siano un «melting pot» di convinzioni varie, lo si evince dalle reazioni di fronte alle questioni etiche-comportamentali o a problemi sociali come l'immigrazione. All'interno del Movimento sono tollerate opinioni divergenti su droghe leggere, divorzio, aborto, eutanasia, prostituzione, evasione fiscale. «L'irrilevanza statistica di questi temi chiarisce il professor Camillo conferma che i grillini hanno guadagnato voti per aver catalizzato la protesta e lo sfinimento della gente, più che sulla proposta di idee unificanti. Il che spiega anche la difficoltà in cui si trovano oggi: scegliere un'opzione rispetto a un'altra inevitabilmente fa perdere una parte di consenso».

Emergono tuttavia elementi che suscitano fastidio. Sono la presenza degli zingari in città, chi parla male dei giovani, le rivendicazioni delle donne. «Atteggiamenti che caratterizzano un elettorato giovane allergico alla diversità aggiunge il ricercatore -, il che risponde bene all'immagine di un elettorato che si rapporta a fatica con chi la pensa in modo differente dal proprio». Curiosa anche la sottovalutazione del ruolo femminile. Del resto, nel M5s le donne finora hanno raggiunto al massimo ruoli amministrativi. «E le sindache di Roma e Torino funzionano se si dimostrano buone massaie - osserva Camillo -. In realtà noi rileviamo che le rivendicazioni delle donne non scaldano gli animi di nessuno.

Né a destra né a sinistra, nonostante i proclami».

Commenti