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La "superstrada dei turisti" piena di buche, lavori e deviazioni. È la Salerno-Reggio del Nord

Sulla carta è la più lunga e importante bretella d'Italia. In realtà sono 300 km da incubo: si viaggia a passo di lumaca e non ci sono corsie d'emergenza

La "superstrada dei turisti" piena di buche, lavori e deviazioni. È la Salerno-Reggio del Nord

nostro inviato a Ravenna

Il benvenuto è una raffica di buche rattoppate male sullo svincolo che s'imbocca dalla circonvallazione di Ravenna. La prima di una serie infinita. La superstrada E45 comincia (o finisce, a seconda dei punti di vista) qui, alle porte della città che fu l'epicentro di un impero e la capitale dei mosaici. Anche la Ravenna-Orte è un collage, fatto però di pezze d'asfalto. Il Touring Club inventò per lei, e pochi altri collegamenti nazionali, il nome di «strada di grande comunicazione». Sulla carta è un tratto del più famoso asse viario europeo che unisce la Finlandia alla Sicilia, la più lunga e importante superstrada d'Italia, un nastro a quattro corsie che scavalca l'Appennino e conduce a Roma senza pagare pedaggio. E ambisce addirittura a diventare un'autostrada. Sulla carta. Perché in realtà la E45 è la Salerno-Reggio Calabria del centro-nord.

La pensò negli Anni 50 il ravennate Benigno Zaccagnini. Ne inaugurò l'ultimo tratto Pierluigi Bersani, allora governatore dell'Emilia Romagna (era il 6 maggio 1996). La superstrada del compromesso storico è una via delle vacanze, un'alternativa risparmiosa all'autostrada del Sole e all'intasatissima Bologna-Taranto. La dorsale prediletta dai camionisti, che attraversano l'Italia da nord a sud liberi da caselli e balzelli, ma percorsa soprattutto da schiere di turisti stranieri che scendono nel Belpaese per soggiornare nei borghi medievali e rinascimentali cuciti assieme dalla E45: Sarsina, Bagno di Romagna, Sansepolcro, Città di Castello, Umbertide. E più a sud Perugia, Torgiano, Todi.

La stessa Anas, l'azienda pubblica che gestisce la superstrada, sul suo sito la definisce «una trasversale di grande importanza», «un asse strategico, in quanto rappresenta l'unica direttrice nord-sud del Paese senza pedaggio», e inoltre «il percorso principale verso i Paesi dell'Est Europa, per i quali assicura anche il collegamento diretto con il porto di Civitavecchia in fase di ampliamento, e fa registrare flussi di traffico in costante aumento, in particolare di trasporto merci». Sarebbe uno dei tragitti più affascinanti e più ricchi d'arte, di storia e di attività economiche, se nei fatti non fosse un eterno cantiere a cielo aperto. Un attentato agli ammortizzatori e una sfida alla pazienza degli automobilisti.

PATCHWORK D'ASFALTO

Sulle centinaia di chilometri della E45 non si dovrebbero superare i 90 chilometri orari. Sarebbe già tanto toccarli perché la media è molto più bassa, rallentata da lavori, restringimenti, uscite obbligatorie, viadotti da sistemare, gallerie da mettere in sicurezza. Le corsie sono più strette del normale e bisogna tenere d'occhio i camion che scodano. L'asfalto assomiglia a un patchwork, un susseguirsi di pezze chiare e scure a seconda di quando sono state fatte. Ogni rattoppo una sconnessione, una buca riempita male e pronta a lacerarsi di nuovo con i primi freddi o le prime piogge abbondanti. Le corsie d'emergenza non esistono, i progettisti se ne sono semplicemente dimenticati. I cigli sono spesso cedevoli e trascurati da chi dovrebbe curarne la manutenzione. I giunti dei viadotti si sentono tutti, come sui treni d'una volta quando i viaggiatori sobbalzavano a ogni sconnessione tra le rotaie. Ma visto che Trenitalia assorbirà l'Anas, significa che qui sono avanti anni luce.

Le piazzole laterali di sosta sono un terno al lotto. Per lunghissimi tratti mancano, soprattutto sui saliscendi appenninici. Le poche realizzate non sono attrezzate, nemmeno l'ombra dei cestini per raccogliere i rifiuti (che infatti vengono sparsi ovunque) o delle colonnine per chiedere soccorso. Li hanno fatti a misura di utilitaria, non di camion: un mezzo pesante costretto a fermarsi occuperà sempre una parte della corsia di marcia. Se invece capita un guasto o una foratura lontano dalle piazzole si rimane piantati in mezzo alla strada senza via di scampo. Il santo protettore dei guidatori non è mai invocato così tanto come da queste parti. Non ci sono telecamere di videosorveglianza, nonostante i sindaci della valle li abbiano chiesti più volte per motivi di sicurezza, soprattutto contro i furti. Ora sembra che verranno installate sugli svincoli di entrata e uscita.

TUTTO CHIUSO

Il tratto che parte da Ravenna è una gimkana di rattoppi: eppure non siamo ancora sull'Appennino, dove d'inverno nevica. Dopo Casemurate un cartello segnala 3 chilometri di ciglio cedevole, un altro mette in guardia dal rischio di allagamento e un terzo avverte che gli animali selvatici scorrazzano in libertà. E infatti sul gruppo Facebook «Vergogna E45» compare la foto di un cinghiale incastrato nel jersey divisorio nei pressi dell'autogrill di Pieve Santo Stefano, liberato da forestale, carabinieri, polizia stradale, personale Anas e un operatore della coop Ecoenergie di Subbiano.

Subito dopo l'uscita di Cesena Via Emilia il primo restringimento di carreggiata: un cantiere mobile per chiudere le buche sull'asfalto. Il manto stradale non viene grattato via e ripristinato, qui si fa alla svelta con piccole colate di catrame a colmare la spaccatura. Fino a Mercato Saraceno il saltellio è sopportabile. Ma quando la strada prende a salire lungo la valle del Savio si balla. I limiti di velocità sono una pura ipotesi anche per i camionisti, che non si fanno riguardo a tagliare le curve. Passato Sarsina, il paese natale di Plauto, cominciano le gallerie semibuie perché una luce gialla su due è rotta. A Bagno di Romagna si deve uscire. Lavori in corso, avvertono i cartelli stradali. Il tratto fino a Verghereto è chiuso anche se nessuno appare all'opera. Nessuno, un deserto per tutto il viadotto chiuso, nemmeno un'asfaltatrice dimenticata o un cumulo di coni stradali a strisce biancorosse, che farebbero il paio con i copricapi degli gnomi che da queste parti danno nome ai sentieri.

E allora tutti in colonna ad attraversare il paesello termale, ancora pavesato di rosa dopo aver ospitato l'arrivo di una tappa dell'ultimo Giro d'Italia. La strada diventa impervia nella stretta gola ai piedi del monte Fumaiolo. Fuma il monte da cui nasce il Tevere, fumano i freni, sale in cielo la rabbia di chi non ha mai percorso in modo normale, sulla superstrada, il tragitto che scollina il valico del Verghereto. In una direzione o nell'altra, sulla E45 c'è sempre un problema. Non c'è edizione dei notiziari di Isoradio senza la fatidica frase: disagi al Verghereto.

LE PROTESTE DEGLI AUTOMOBILISTI

L'insofferenza degli automobilisti è tutta in un cartello vergato a mano appeso a un avviso dell'Anas che dovrebbe invece rappresentare un raggio di speranza. «Attenzione, rientro in E45 a 3 chilometri», indica l'azienda delle strade. Sembra voglia dire: coraggio, manca poco. In realtà è l'ennesima presa in giro. E infatti un passante anonimo si è preso la briga di scrivere un altro cartello, fermarsi, appiccicarlo sopra quello ufficiale: «Anas vergogna 30 anni di furti e di rotture di cognioni per noi autisti». La collera fa storpiare perfino gli insulti.

Si rientra in superstrada, Verghereto è passato, ora si scende lungo la valle del Tevere ma la discesa non fila via liscia. L'uscita successiva, Canili, è chiusa fino a ottobre per sostituire travi di cemento armato del cavalcavia. Più avanti la carreggiata si restringe ancora, la galleria della Spagnola è a una sola corsia semibuia. Altri lavori s'incontrano a Pieve Santo Stefano. Operai al lavoro anche più a valle verso il lago artificiale di Montedoglio, poco prima di Sansepolcro, il paese di Piero della Francesca che custodisce l'immortale dipinto della Resurrezione.

Lo spartitraffico centrale è ora fatto di barriere new jersey in cemento, ma la velocità massima resta a 90 orari. I Tir se ne fregano e si sorpassano allegramente. Altro restringimento dopo Sansepolcro: gli operai sistemano il guardrail laterale. Fino a Città di Castello l'asfalto porta i segni del tempo e delle buche che si ostinano a spalancarsi. Qui si apre la campagna umbra, ai lati delle carreggiate si stendono i campi di tabacco destinato ai sigari della Valtiberina. D'inverno non ghiaccia come sul valico del Verghereto. Eppure il manto stradale è crepato e dissestato come in cima all'Appennino.

E per l'Anas è sempre colpa delle gelate notturne.

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