La surreale realtà del New Italian Realism

La rivista «Tirature 2010» esalta il fenomeno dei libri inchiesta e si inventa un filone narrativo È il trionfo del «sociologhese» applicato alla scrittura. E il talento? Subordinato al contenuto

La surreale realtà del New Italian Realism

Se volete avere un catalogo di tutto ciò che non resterà nella storia della letteratura italiana di questi anni dovete comprare la rivista Tirature 2010, un trattato di veterosociologismo per sapere che cosa non leggere e perché. Due palle, ma se non siete così masochisti da comprarlo vi faccio un favore io perché, malgrado quello che si dice, sono gentile e generoso. Insomma, come distinguere i libri effimeri? Ce lo insegna Vittorio Spinazzola, pur proponendosi il contrario, con un irresistibile effetto comico e un linguaggio rispetto al quale una sezione della Cgil degli anni Settanta sembra un romanzo di Liala. Il motto è New Italian Realism, stampato sulla copertina e detto all’inglese, per dare più allure internazionale allo sconfortante provincialismo dell’etichetta, come quando i parrucchieri mettono l’insegna «Hair Stylist» o quando si fondano Srl con mille euro di capitale sociale chiamandole «Corporation».

Il libro più importante è ancora l’intramontabile Gomorra («la natura intrinseca del prodotto partorito dal giovane Roberto Saviano»), perché «ha operato un grande rilancio della realisticità della scrittura prosastica», dove «il suo impianto ostenta il carattere più efficace della tradizione realistica urbano-borghese: nel senso che la sceneggiatura illumina i rapporti di forza tra soggetti sociali collettivi». Ciò premesso, si può tranquillamente rimembrare come «in un orizzonte egemonizzato dalle sofisticazioni sperimentaliste vecchie e nuove, di destra e di sinistra, si capisce che ogni tipo di letteratura di realtà apparisse esecrabile: per il buon motivo che reca in sé un proposito di comunicazione agevole, attraverso un sistema di regole compositive d’indole non esoterica». Non crediate che Spinazzola si fermi qui, «è solo questione di constatare e valorizzare l’attuale emergere di esigenze e proposte in linea con le grandi coordinate della neorealisticità».

Tuttavia Spinazzola, pur essendosi forse fumato uno spinellozzolo marxista-leninista, una verità di realistica neorealisticità la dice. Scrive che dopo Mani Pulite «si apre una fase di disordine costituito, nella quale i letterati devono guadagnarsi un posto e un ruolo», e dove «l’effetto di lettura va puntato sulle esigenze e le attese di un pubblico umanisticamente meno attrezzato ma disponibile a una produzione romanzesca che non abbia per destinatario solo il laureato in lettere». Traducendo: l’autore in carriera, che una volta si chiamava autore di consumo, o di cassetta, o ancora oggi low brow nei Paesi anglosassoni, ha deciso di puntare sul pubblico dei non lettori o degli analfabeti o di chi comunque non ha voglia di leggere per pensare ma solo per intrattenersi, e quindi il suddetto autore furbo per avere successo si è tarato su un «effetto di lettura», quello che, sempre una volta, quando esisteva uno straccetto di critica perfino adornian-sartrian-marxista, si chiamava «orizzonte d’attesa», per dire che un romanzo era una cagata commerciale.
Un altro «romanzo importante» sarebbe Come Dio comanda, di Niccolò Ammaniti, perché «inquadra i ceti bassi, bassissimi, come quelli in cui tutti i rapporti internazionali rivelano la mancanza di un consenso di base per le istituzioni della legalità civile». C’è anche, tra gli autori importanti, Andrea Camilleri, perché «c’è una reviviscenza del dialettismo» e, in generale, nella neorealisticità circostante, anche un uso diffuso del turpiloquio, «sintomo più appariscente del decadimento delle norme di sostenutezza pudica e decorosa proprie dell’italiano illustre».

Immagino che Tirature sia un giocattolino a bassa tiratura e guadagno nullo (chi se lo compra?). È comunque uno strumento utilissimo per rifornirsi di quello che Hemingway chiamava shit detector. Dagli allievi saggisti di Spinazzola (il quale, ahimè, insegna perfino all’università), è museificata perfino Teresa Ciabatti, che avrebbe addirittura un’opera (!) («Nell’opera della Ciabatti, la macrosequenza iniziale, la più riuscita, è costruita grazie all’intarsio abile delle strutture della fiction con i “casi” infantili di cronaca nera»), per arrivare alla celebrazione di Dieci anni di Strade Blu, vale a dire «non solo Saviano», ossia «il transito dalla narrativa alla saggistica», ossia «come aggiornare l’idea di Libro per tutti del vecchio Arnoldo (Mondadori, ndr), senza scontarne i rischi formulistici e l’età veneranda». Io penso, pur nell’utilità di leggere Tirature al contrario per sapere che cosa non leggere, che il «vecchio Arnoldo» non fosse così rincoglionito come vogliono farci credere, e li avrebbe presi tutti a kicks in the ass, questi new italian realists di Spinazzola e compagni del Comintern narrativo, assumendosi tutti i rischi formulistici perfino alla sua veneranda età, se fosse ancora vivo.


E allora, infine, solennemente mi domando e dico: possibile che da quando la Mondadori l’ha comprata Berlusconi sia diventata un vivaio di libri d’inchiesta etico-sociale di taglio giornalistico e scrittura prosastica di natura intrinseca partorita dai rapporti di forza nella comunicatività organizzata fuori dai soggetti sociali collettivi d’indole non esoterica nell’orizzonte culturale egemonizzato dalle sofisticazioni sperimentalistiche vecchie e nuove e nel fallimento delle ideologie palingenetiche mentre «l’inaridimento della grande speranza di un cambiamento radicale di qualità della vita consociata ha indotto la gente di lettere a fare i conti con lo stato delle cose» e senza neppure la sostenutezza pudica e decorosa dell’italiano illustre e senza che si possa leggere un’opera d’arte?

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