Controcultura

"The Tale" narra usando il fascino dell'ambiguità

"The Tale" narra usando il fascino dell'ambiguità

In questo ennesimo tempo di «cinema geneticamente modificato», dopo quello espanso nello spazio, installato oppure prodotto per i nuovi supporti portatili, l'estetica filmica contemporanea si rivela, di stagione in stagione, indirizzata verso il mezzo televisivo, saltando così il passaggio nelle sale e per il grande formato. Si va dunque verso uno stile semplificato, che riduce al minimo i movimenti di macchina, i virtuosismi autoriali, non ha alcuna intenzione di sovvertire le regole per accontentarsi della storia, faticosamente concentrata nelle due ore quando le nuove regole prediligono il diluirsi di puntata in puntata.

The Tale, scritto e diretto da Jennifer Fox, premiato al Sundance Film Festival e trasmesso da HBO lo scorso maggio (ora su Sky), convenzionalmente è un film, la cui vicenda inizia e si conclude in un'unica soluzione narrativa, eppure ha tutte le caratteristiche della serie tv. Ne consegue una certa piattezza narrativa e altrettanta sciatteria in alcuni particolari. Alcune trascuratezze della sceneggiatura risultano addirittura irritanti: la protagonista Laura Dern usa il telefono senza auricolare o viva voce mentre guida, discutibilissimo il suo look con il crollo verticale della salopette in jeans che mortificherebbe anche il corpo di una top model; Mrs G e Bill, due personaggi emersi dai lontani anni '70, pur essendo giovani e trasgressivi si esprimono attraverso frasi fatte e proverbi popolari che starebbero bene in bocca ai loro nonni. E poi c'è l'anziana madre, un tipo talmente insopportabile che speri sparisca anzitempo dal film.

Il pretesto narrativo di The Tale offre però spunti interessanti: una donna sulla cinquantina, indagando nel proprio passato da adolescente, rivive i fantasmi di un controverso rapporto sessual-sentimentale con Bill, il suo allenatore, molto più grande di lei. È una ricerca in cui si finisce per non distinguere la realtà dall'immaginazione, i contorni sono spesso sfumati a fronte di alcune sequenze davvero forti e perturbanti, più sconvolgenti oggi che la società tende a identificare nella persona più giovane l'oggetto della seduzione configurata come abuso e trauma. Quando Nabokov scrisse Lolita tenne conto dell'ambiguità dei ruoli, ora la piccola Dolores, dodicenne come la protagonista del film, sarebbe la sola vittima.

Come in diversi episodi di cronaca riferiti di recente dai media, stupisce che una donna abbia voluto aspettare decenni prima di denunciare o quantomeno di rivelare ciò che le era accaduto, ma i terapeuti sostengono che in alcuni casi lo choc può essere così forte da finire nella sfera del rimosso.

Bontà di The Tale è non emettere sentenze né giudizi affrettati, lasciando navigare il telespettatore nell'ambiguità della vicenda, fra luci e ombre, che finisce per configurarsi come un discreto thriller.

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