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Tania e Federica, le due facce di un’Italia che sogna in rosa

Nuoto: ai mondiali di Montreal occhi puntati sulle nostre ragazze

Riccardo Signori

Tania e Federica sono le facce di un’Italia che sogna in rosa. Aggiungete le indomabili tigrotte della pallanuoto revisionate e corrette dopo l’Olimpiade di Atene e magari la new entry Alessia Filippi, secondo Alberto Castagnetti, il ct del nuoto, il talento più puro del nostro nuoto femmina insieme a Federica Pellegrini.
Ieri i mondiali di Montreal si sono aperti nel nome di una russa, guarda la novità, Larissa Ilchenko, e con il primo buco nell’acqua azzurro (poi riscattato da Simone Ercoli): le due ragazze della 5 km del nuoto di fondo sono finite nella retrovie (Paoloni 10ª e Crestacci 13ª). Ci eravamo tutti abituati male: agli sprint elettrici di Viola Valli che, ad ogni buon giorno, ci faceva vedere il sorriso suo e la bandiera d’Italia sul pennone. Ora ci sarà da attendere. Tania Cagnotto si porta dietro il nome d’arte e la maledizione di tutti i revival. Basta sfogliare l’album di famiglia per ritrovare papà Giorgio con l’argento al collo proprio nella piscina di quella sua Montreal olimpica, anno di grazia 1976, quando Tania non era ancora nei pensieri perchè anche la mamma, Carmen Castainer, si buttava giù, ma dalla piattaforma. Papà vinse appunto l’oro dal trampolino dei tre metri, la madre non ci prese dalla piattaforma che oggi è la specialità su cui la figlia ha messo l’occhio e dalla quale guarda in giù sperando di vederci una medaglia. Appuntamento a domani. Poi, venerdì, ci sarà il trampolino.
Tania è campionessa europea nel tuffo dai 10 metri, vinse a Madrid soltanto un anno fa, poi ci furono i Giochi di Atene e la faccenda si fece dura: 13ª dal trampolino, 11ª dalla piattaforma. Ma stavolta la speranziella esiste, anche se le cinesi fanno spettacolo a sé. E come dice papà Giorgio: «Le medaglie europee purtroppo non contano quando affronti le ragazze di Pechino. La distanza tra un bronzo e il sesto posto è marginale». Tania, che in maggio ha compiuto i venti anni e in inverno ha carezzato l’idea di cercare asilo ed esilio tra gli Stati Uniti e la Cina, negli anni passati ha avuto qualche problema tra scuola e allenamenti. «Quest’anno invece è andato tutto bene. Sono pronta e convinta», ha raccontato. E gli ultimi test in Canada e Messico le hanno lasciato il sorriso sulle labbra, che per il vero quasi mai scompare. Ieri le due prime azzurre della compagnia dei tuffi, Brenda Spaziani e Valentina Marocchi si sono affacciate alla finale nella piattaforma sincro: piccoli assaggi in attesa del piatto forte che dovrà presentare Tania, ormai una stella del Barnum dei tuffi, capace di farsi rispettare dalle giurie.
La semina dei nostri tecnici punta su Pechino, ma questi mondiali sono tappa intermedia che dovrà dire a che punto siamo. Non solo nei tuffi, ma anche nel nuoto che lentamente sta facendo rifiorire qualche fiore femmina. Federica Pellegrini darà appuntamento a tutti per la finale dei 200 metri, dopo l’argento vinto (o l’oro perso) ad Atene. Il calendario la propone per il 27 luglio poco dopo la mezzanotte. Non sarà un ballo da cenerentola, piuttosto un valzer da regina. La Pellegrini, signorina del tacco a spillo, è il personaggio più intrigante e promettente del nuoto azzurro, ma pure del nostro sport. I tecnici ci puntano e lei non si tira indietro. Semmai proverà a tirare il gruppo in rosa che ora sta cominciando a guardarsi allo specchio e a trovarsi niente male. Alessia Filippi, 18 anni appena compiuti, sembra una Phelps in miniatura e quest’anno ha cominciato a volare nei 400 misti, raccogliendo il secondo tempo mondiale, dopo essersi affidata per otto mesi al preparatore atletico di Magnini e Rosolino. Un’idea per diventare superwoman e cominciare a metter naso nel mondo. Una speranza in più per il nostro nuoto che, ieri, ha visto alzare bandiera bianca a Paolo Bossini, lo splendido ranista operato dieci giorni fa, per un attacco di appendicite subacuta.

Gli ultimi test gli hanno detto che guarderà i mondiali in tv.

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