Terrorismo

Abu Muhammad Al-Italy, la "voce italiana" dell'Isis che propaganda l'odio islamista

Lo Stato islamico del khorasan, autore dell'attenutato di Mosca, è quello che mostra lo slancio internazionale più pericoloso. E tra gli autori c'è anche uno jihadista che si firma "L'Italiano"

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La "voce italiana" dello Stato islamico che propaganda l'odio islamista

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Per anni la cinghia di trasmissione dell’Isis è stata la sua stessa propaganda. Anche dopo la caduta del Califfato nel 2019, la macchina dei tagliagole ha continuato a funzionare. Oggi la sua propaganda mantiene echi occidentali con inquietanti riferimenti all’Italia. La capacità degli uomini dello Stato islamico di veicolare il proprio messaggio di terrore è stata una dei fattori chiave dell’espansione delle banidere nere. La macabra epopea dei foreign fighters che confluivano da tutto il mondo per combattere in Siria e Iraq veniva amplificata dai canali social dei terroristi, dai gruppi su Telegram e anche da una serie di riviste che abbiamo imparato a riconoscere.

Negli anni le pubblicazioni multilingue, in inglese, francese e tedesco si sono moltiplicate. Una delle più note era Dabiq, pubblicata tra il 2014 e 2016, gli anni di massima espansione del Califfato e che portava il nome della città siriana sede del giudizio finale secondo l’Islam. Accanto a questa c’era poi una vera e propria agenzia di comunicazione, Amaq, che ancora oggi è la voce dello Stato islamico e che rilancia ogni tipo di propaganda.

Voice of Khorasan
La copertina dell'ultimo numero di Voice of Khorasan, la rivista dello Stato islamico del Khorasan che minaccia anche l'Europa

L’attentato del 22 marzo al Crocus City Hall di Mosca ha portato alla ribalta lo Stato islamico del Khorasan, la “provincia afghana” dell’organizzazione che ha un suo organo di stampa “ufficiale”, Voice of Khorasan, la oce del Khorasan, dal nome della regione persiana che si estende tra l’Afghanistan, Iran, Turkmenistan. Tajikistan e Uzbekistan. Come per Dabiq, Voice of Khorasan, racconta le gesta dei miliziani, ne celebra i successi (il massacro di civili) e continua a diffondere il messaggio islamista del Califfato.

Questa nuova rivista, però, ha una particolarità, ospita delle “firme” internazionali, inclusa una italiana. Come spiega al Giornale Riccardo Valle, analista esperto di jihadismo che lavora per l’osservatorio The Khorasan Diary, il fenomeno è recente e riflette l’obiettivo globale che l’Iskp si è dato. In particolare ci sono due “firme” che hanno destato preoccupazione. La prima è quella di Abu Muhammad Al-Italy, dove con Al-Italy, si intende l’italiano. Nel 2023 sulle pagine del magazine sono apparsi dei pezzi con la sua firma che spaziavano da analisi sul ruolo dell’Isis nel Sahel a lezioni di come funziona la propaganda islamista.

“Al-Italy”, continua il ricercatore,”scriveva in un inglese eccellente, mostrava di essere una persona anche molto preparata, e lo si capiva da quello che scriveva, dai riferimenti che faceva, qualcuno di molto attento alle dinamiche internazionali, di seguire la stampa estera e di conoscere molto bene aree geografiche specifiche come il Nord Africa”. Per il momento da "l’Italiano" nessun riferimento diretto al nostro Paese, ma il fatto di aver scelto questo nome, Al-Italy, “fa intendere che probabilmente possa essere un convertito, uno straniero oppure un cittadino italiano di seconda terza generazione”.

Il secondo autore è Sulaiman Dawood al-Kanadie, il canadese. Autore di diversi articoli sulla rivista, il terrorista dichiara di non risiedere in Medio Oriente o in Persia, ma al contrario si troverebbe proprio in Canada. In un lungo articolo pubblicato nel giugno del 2023, al-Kanadie rimprovera i musulmani “soprattutto dove vivo io” di non volare in Medio Oriente per unirsi alla lotta armata.

Ci sono però anche altri esempi”, spiega Valle, “uno apparentemente era un simpatizzante dello Stato islamico in Ucraina, altri invece in Francia è più recentemente nominativi legati alla Turchia”. La propaganda dell’Iskp, la più completa e globale tra tutte le provincie di quello che fu il Califfato, si serve di questi autori “globali” nel tentativo di “creare una sintonia con le comunità di musulmani che possono essere stranieri, ma anche locali di seconda, terza generazione, nel tentativo di inserirsi all'interno dinamiche locali e creare un senso di comunione e quindi poi eventualmente di favorire l'esecuzione di attacchi magari attraverso i cosiddetti lupi solitari o attraverso i collegamenti con cellule e network”.

Questa macchina della propaganda a trazione occidentale diventa ancora più inquietante se si nota la “qualità” delle produzioni. “Queste persone”, conclude Valle, “hanno un livello di educazione e istruzione che fa intendere come non siano degli sprovveduti.

Sono persone molto attente, che sanno come muoversi online, come produrre contenuti e soprattutto che conoscano i punti di ostilità che i musulmani locali possono avere nei confronti delle società occidentali in cui in cui vivono”.

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