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Turchia, alla messa per don Santoro i genitori del killer chiedono scusa

Il cardinal Ruini: rispettiamo l’islam, ma chiediamo la libertà religiosa

Da Istanbul

Prima inveiva e diceva che suo figlio, Ouzan Akdil, l’assassino di don Andrea Santoro, era finito in galera perché aveva ucciso nel nome di Allah. Ieri Nemciye Akdil si è presentata davanti alla Chiesa di Santa Maria a Trebisonda per chiedere scusa alla famiglia del prete assassinato.

Un gesto di pace e di speranza imprevisto, che ha reso un po’ meno dolorosa la commemorazione del primo anniversario della morte di don Santoro. Nemciye Akdil è arrivata al braccio del marito, Hikmet Akdil, poco prima dell’inizio della funzione. Aveva il türban, il velo islamico della tradizione turca, ma il suo volto era molto diverso dal quello della donna che, nell’ottobre scorso aveva inveito contro giudici e giornalisti in difesa di quel figlio, reo confesso dell’omicidio di un innocente.

L’incontro con la famiglia e il cardinale Camillo Ruini è avvenuto in mezzo alla strada, al riparo dai giornalisti e sotto la protezione delle forze dell’ordine. Parlando con gli organi della stampa, Hikmet Akdil ha detto che volevano incontrare la famiglia di don Andrea Santoro per esprimere tutto il loro rammarico per l’uccisione del religioso. L’incontro è durato circa cinque minuti. La coppia si è poi allontanata senza rilasciare altre dichiarazioni.

La funzione per commemorare don Andrea è iniziata alle 11 e si è tenuta nello stesso posto dove il prete, un anno fa, fu ucciso dal giovane fanatico di appena 16 anni. Alla messa hanno partecipato, oltre al cardinale Ruini, monsignor Antonio Lucibello, nunzio apostolico in Turchia, e monsignor Luigi Padovese, vicario in Anatolia, il segretario generale del vicariato, monsignor Mauro Parmeggiani, la mamma di don Andrea, Maria Polselli, le sorelle, Maddalena e Imelda e il cugino, Antonio Polselli.

Soltanto oggi, dopo l’omicidio del giornalista armeno Hrant Dink e nonostante il silenzio delle autorità, si è venuti a sapere che i due delitti non erano gesti isolati di esaltati. Ma ieri, per una volta, Trebisonda ha voluto essere la città del dialogo e non la capitale del terrore turco. Per le strade c’erano centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa, ma di contestatori nemmeno l’ombra. I bozkurtlar, i lupi grigi, hanno preferito rimanere nelle loro tane.

Chi, invece, non ha voluto mancare è stata la comunità cattolica. Nella chiesa di Santa Maria c’erano circa 200 persone. Venivano dalla regione del Mar Nero e da Ankara. Un’atmosfera di affetto e raccoglimento rovinata solo in parte dall’insistenza di alcuni giornalisti e soprattutto di alcuni fotografi, che hanno scattato immagini ai partecipanti, anche se gli era stato chiesto di non farlo. Nell’omelia, il cardinal Ruini ha ribadito «stima e rispetto per l’Islam e per la religione musulmana», ma ha chiesto che ovunque nel mondo si garantisca la libertà religiosa. «Siamo venuti qui con lo stesso spirito di don Santoro - ha detto -.

Siamo venuti dunque per dare un contributo alla pace tra i popoli e tra le religioni, per testimoniare che il dialogo tra le religioni è possibile e doveroso».

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