Festival di Sanremo

La politica non è un male: ecco l'errore di Dargen D'Amico

Il cantante in gara a Sanremo 2024 si è affrettato a negare di aver effettuato un intervento politico. Ma la politica non è una cosa in sé negativa: non ci sono più gli artisti engagé di una volta

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Dargen D'Amico ha lanciato il sasso e poi ha ritratto la mano. Niente da fare: non ci sono più i cantanti engagé di una volta. Dopo aver pronunciato un convintissimo appello pacifista sul palco dell'Ariston (in favore di Gaza, ovviamente), il cantante in gara al festival di Sanremo 2024 si è affrettato a negare di aver effettuato un intervento politico. "Ho fatto tante cazzate nella mia vita, ho commesso molti peccati, anche gravi, ma non ho mai pensato di avvicinarmi alla politica", ha affermato l'artista durante la seconda serata della kermesse. Quando si dice la pezza peggio del buco.

Se le prime esternazioni di Dargen ci avevano già convinti poco, figuriamoci l'ulteriore precisazione intrisa di demagogia spicciola. "Io non volevo essere politico... Ero semplicemente guidato dall'amore", ha aggiunto l'artista. Come se essere politici fosse una cosa negativa in toto. E come se la politica fosse soltanto una questione di partiti e di banali scaramucce elettorali (quelle sì, detestabili). Al contrario, la politica è qualcosa che ci accompagna costantemente e che caratterizza - in molto talvolta inconsapevole - il nostro agire sociale. Chi vive il presente e fa qualcosa per migliorarlo è politico. Chi ha un'idea in testa e si batte per difenderla fa politica. E lo stesso accade quando qualcuno afferma il proprio punto di vista sul mondo.

Tutti noi facciamo politica e contribuiamo così alla società attraverso le parole che scegliamo di pronunciare (o meno) ogni giorno. Anche e soprattutto in occasioni prestigiose o mediaticamente in vista come il festival di Sanremo, che storicamente è sempre stato un evento esposto a contaminazioni di natura sociale e politica. La retorica utilizzata da Dargen D'Amico per negare di essere stato politico, invece, era solo demagogica. Utile a ottenere qualche applauso - come infatti è avvenuto - e nulla di più. Peraltro, anche quell'anelito di antipolitica era in qualche modo politico ed esprimeva cioè una determinata concezione della società.

Avremmo preferito che il cantante, senza nascondersi dietro un dito, rivendicasse di aver assunto una posizione "politica". Come facevano i grandi cantautori di una volta, spesso smaccatamente orientati a sinistra. Ma almeno orgogliosi di esserlo e di dar voce al loro sentire attraverso la musica e le parole. In ogni caso, vogliamo concedere a Dargen una certa indulgenza: con ogni probabilità, infatti, l'artista milanese intendeva dissociarsi da un eventuale incasellamento secondo logiche di partito. E questo è comprensibile. Resta però la stonatura o forse l'incomprensione di fondo.

Perché no, fare politica non significa necessariamente fare propaganda.

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