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Van Bommel: "Perché in campo comando io"

Al Milan lo chiamano il maresciallo: "Sono uno di poche parole, ma parlo in tutte le lingue. Dopo cinque minuti so che cosa chiedere ai compagni. Ho già fatto due esami da allenatore..."

Van Bommel: "Perché 
in campo comando io"

Non ha bisogno della divisa nè delle medaglie sul petto per meritarsi l’appellattivo di “maresciallo“. A Milanello il maresciallo è Mark Van Bommel, olandese di 33 anni, capitano fino a qualche settimana prima del Bayern, oltre che della nazionale orange, e basta vederlo al lavoro, a San Siro o nei prati di Carnago, per capire che ha le stimmate del leader oltre che dell’allenatore. La spiegazione, a sentire l’interessato, risulta persino banale: «Io cerco di adattarmi alle esigenze della squadra, dopo 5 minuti capisco quali sono le esigenze tattiche di una sfida e comincio a distribuire consigli. Se giochiamo contro un rivale che fa superiorità numerica a metà campo, io mi rivolgo a Robinho e gli chiedo di tornare a darci una mano. Il merito forse è anche dei corsi da allenatore che ho frequentato in Olanda: ci vogliono 4 patentini per raggiungere la panchina da noi, e io ne ho già superati due».
Visto che se ne intende, che tipo di allenatore è Allegri?
«É un tipo calmo, parla poco ma quando lo fa è molto incisivo, è proprio il tipo che preferisco».
Come ha fatto, caro maresciallo, ad orientarsi con gli arbitri italiani dopo l’episodio di Catania?
«É stato semplice. A Catania ho capito, sulla mia pelle, che dovevo darmi una calmata, altrimenti sarei stato espulso in ogni partita. E infatti nelle ultime non ho ricevuto neanche un cartellino giallo. Ho imparato in fretta».
Ci racconta il Milan visto da Van Bommel...
«Mi ha colpito il dietro le quinte della società, cioè tutte quelle persone che lavorano ogni giorno per aiutare i calciatori, specie i nuovi arrivati. Quando ero capitano di Psv e Bayern, questa era una mansione affidata al capitano. É per questo motivo che anche noi sbarcati da un altro calcio, ci siamo ritrovati subito a nostro agio».
Qual è la scoperta calcistica fatta a Milanello?
«Ho conosciuto Zlatan in Olanda, quando lui era nell’Ajax, nel 2001. Nove anni dopo ho ritrovato a Milanello un fuoriclasse».
Come riesce a farsi capire da tutti: sembra che giochi da una vita nel Milan...
«Sembra facile ed è invece complicato. Perchè parlo tedesco con Merkel, olandese con Seedorf, con i brasiliani utilizzo il mio modesto spagnolo e con Ibra dialoghiamo in inglese».
Scusi la curiosità, ma come fa con Cassano che parla barese?
«Quando voglio capisco anche il suo dialetto, datemi retta. Con Antonio ho avuto un battibecco in allenamento, un minuto dopo è finito tutto. É un tipo che parla tanto, fuori dal campo, un gran chiacchierone. Io sono il contrario, parlo solo quando lavoro in campo».
Ci racconta il Van Bommel privato?
«C’è poco da sapere, sono uno che non fa notizia. Ho una famiglia tradizionale, moglie e tre figli, più un cane, Joe, a cui tengo molto. Quando ero da solo a Milano, la sera ero costretto ad uscire per andare a cena: lo facevo in compagnia di Raiola, il mio procuratore, un tipo che ama la buona tavola».
Da quando è arrivato Van Bommel nel centrocampo del Milan, sono diminuiti i gol subiti (2 reti in 6 partite): è un caso?
«É una statistica e nel calcio le statistiche hanno un valore relativo. Quel che conta è il risultato finale, vincere».
Possiamo conoscere la verità sulla conclusione del suo rapporto col Bayern?
«Rummenigge e Uli Hoeness sono stati dei gentiluomi: appena ho riferito loro la mia volontà di trasferirmi al Milan, hanno aderito al volo».
Perchè ha accettato di trasferirsi al Milan con un contratto di sei mesi, fino a giugno? Ci sono novità sul rinnovo (sicurissimo, ndr)?
«L’ho fatto perchè si è trattato del Milan, ho detto sì anche se sapevo di non poter giocare in Champions. Adesso tocca alla società fare la prossima mossa, io lavoro e penso al futuro. Ad aprile compio 34 anni ma qualche altro anno a buon livello sono in grado di garantirlo».
É vera la storiella che lei da ragazzo era ...milanista?
«Ve la spiego subito: quando ero bambino, in Olanda si stravedeva per il Milan degli olandesi, lo guardavamo in tv e ce ne siamo innamorati. I tedeschi tenevano all’Inter, naturalmente, per Matthäus e Klinsmann».
A proposito di derby: ha visto Sneijder?
«Certo, è un gran giocatore e una gran persona. Abbiamo parlato ma non certo di scudetto nè di derby. Prima di quella sfida ci sono altre tre sfide, con Juve, Bari e Palermo. E poi parlare prima di scudetto non porta fortuna».
Che Juve vi aspettate?
«Una squadra capace di metterci nei guai. E sapete perchè? Perchè è sempre complicato affrontarla da favoriti. Conosco Salihamidzic, è un vecchio amico. Spero mi vada bene come l’anno scorso in Champions, a Torino».
E il Milan a Londra?
«Molti di voi lo danno per spacciato. Andateci piano».
Se l’aspettava che il Napoli invece di prendere atto del dominio del Milan, sventolasse le polemiche sul rigore?
«Penso sia normale. Anche al Milan, per esempio, è successo di aver patito una ingiusta espulsione, a Catania. Poi si sono dati da fare e hanno vinto egualmente la partita».


Ha già conosciuto il presidente Silvio Berlusconi?
«Non ho avuto ancora questa fortuna».

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