Fumata bianca

Martire anche lui. La Chiesa beatifica un bimbo ucciso in grembo

Gloria degli altari per la famiglia Ulma, sterminata dai nazisti per aver nascosto otto ebrei. La madre era incinta

La Chiesa beatifica il primo bimbo ucciso nel grembo

Domenica 10 settembre a Markowa, un villaggio a due ore di macchina da Cracovia, verranno beatificati tutti i membri della famiglia Ulma: Józef e Wiktoria ed i loro figli Stasia, Basia, Władziu, Franio, Antoś, Marysia e il più piccolo portato in grembo dalla madre. Papa Francesco ha approvato il decreto sul martirio di questa famiglia polacca sterminata nel 1944 dai nazisti per aver nascosto otto ebrei nella soffitta di casa.

Una famiglia cattolica

Il 24 marzo 1944, giorno dell'eccidio perpetrato da un gruppo formato da soldati tedeschi e collaborazionisti della cosiddetta "polizia blu", Wiktoria era incinta del settimo figlio. Si era sposata con Józef nel 1935. Il marito era un giovane molto conosciuto nel villaggio perché attivo nel circolo cattolico giovanile e nella cooperativa dei produttori di latte. Una mente brillante quella di Józef che da agricoltore decise, tra i primi, di puntare sulla produzione di frutta e verdura e che svelò ben presto una grande passione per la fotografia. Anche Wiktoria aveva una predisposizione artistica, in particolare per il disegno e la recitazione. Ad accomunarli più di ogni altra cosa, però, la grande fede cristiana. Quella fede che li spinse ad accogliere gli otto ebrei della famiglia di Saul Goldman che chiesero ospitalità per sfuggire all'operazione Reinhard portata avanti dai nazisti con lo scopo di annientare la presenza ebraica in Polonia.

L'eccidio

La storia della famiglia Ulma e quella dei Goldman che vissero nella loro soffitta per un anno e mezzo è raccontata nel libro di recente uscita Uccisero anche i bambini. Gli Ulma, la famiglia martire che aiutò gli ebrei edito da Ares e scritto a quattro mani da Manuela Tulli e da don Pawel Rytel Andrianik. Nella prefazione il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del dicastero per le cause dei santi, ha sottolineato la straordinarietà di questa beatificazione per la procedura non distinta della causa di ciascun membro della famiglia Ulma.

Ma a rendere eccezionale questa causa è soprattutto il fatto che per la prima volta viene riconosciuto come martire e beato un bambino non nato. All'alba del 24 marzo 1944, infatti, quando i nazisti e i loro collaborazionisti piombarono nella casa contadina di Markowa, la gravidanza di Wiktoria era in stato avanzato. Gli assassini prima uccisero gli ebrei in soffitta: Saul, Baruch, Mechel, Joachim e Moses Goldman, Golda Grünfeld, Lea Didner e la figlia di quest'ultima Reszla. Subito dopo intimarono ai due coniugi Ulma di uscire dalla loro casa e lì fuori li fucilarono per dare un monito agli altri abitanti del villaggio davanti agli occhi dei bambini. Non contenti, i nazisti decisero di non risparmiare i sei figli piccoli della coppia.

L'ultimo figlio

Lo shock portò Wiktoria a partorire proprio al momento dell'esecuzione. Questo aspetto, che rende il figlio che aveva in grembo il primo bambino non nato ad essere riconosciuto come martire e beato, è stato ricostruito grazie alle testimonianze di chi si recò nei giorni successivi nella casa dell'eccidio per dare una sepoltura dignitosa ai cadaveri. Uno di questi era il familiare Franciszek Szylar che - come si legge nel libro Uccisero anche i bambini di Tulli e Andrianik - raccontò: "Ponendo il corpo di Wiktoria Ulma nella bara, ho constatato che era incinta. Baso la mia affermazione sul fatto che dai suoi organi riproduttivi erano visibili la testa e il petto di un bambino". Anche il nipote della vittima, Roman Kluz, ha raccontato che quando, cinque giorni dopo, i parenti andarono a disseppellire i corpi inizialmente messi in una fossa comune per poterli mettere dentro le bare "trovarono il settimo figlio nato nella tomba, che mia zia aveva dato alla luce dopo la morte".

Quel sangue che unisce cattolici ed ebrei

Nel 1942 gli Ulma presero la decisione di ospitare clandestinamente gli otto ebrei loro conoscenti pur consapevoli del rischio di pagare con la vita quella scelta. Lo fecero animati dalla loro fede cristiana che non avrebbe potuto fargli compiere scelta diversa. Il dicastero per le cause dei santi ha riconosciuto che "la scelta di aiutare gli ebrei venne ponderata alla luce del comandamento dell’amore e dell’esempio del buon samaritano, come risulta dalle sottolineature vergate sulla loro Bibbia. I bambini erano battezzati e coinvolti nella fede operosa dei genitori. Per il nascituro vi fu il Battesimo di sangue".

ome hanno ricostruito Tulli e don Andrianik nel loro libro, la barbara uccisione degli Ulma non dissuase gli altri abitanti di Markowa ad imitarli e si verificarono nuovi casi di ebrei accolti clandestinamente da altre famiglie del posto per proteggerli dalla furia nazista. Il martirio di Wiktoria e Jòzef valse da testimonianza d'amore cristiano che valeva la pena seguire. Il sacrificio degli Ulma è stato riconosciuto nel 1995 dall'Istituto Yad Vashem di Gerusalemme con l'alta onorificenza di Giusti tra le nazioni.

Papa Francesco li ha ricordati nell'udienza generale di mercoledì scorso, affermando: "Questa numerosa famiglia di Servi di Dio, che attende la beatificazione sia per tutti noi un esempio di fedeltà a Dio e ai Suoi comandamenti, di amore al prossimo e di rispetto alla dignità umana”.

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