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Velasco spiega la rinascita del volley «Solita ricetta: umiltà più velocità»

«I russi competono con le nostre squadre negli investimenti, ma giocano ancora una pallavolo antica. Noi abbiamo continuato la rivoluzione»

Vanni Zagnoli

da Modena

En plein italiano nelle coppe europee di pallavolo: sei su sei. Bottino pieno fra i maschi (Sisley Treviso in Champions League, domenica, Piacenza in Top Teams, ex Coppa Coppe, e Macerata in Coppa Cev) e pure tra le donne: Perugia nell'ex Coppa dei Campioni, Pesaro in Coppa Cev e Novara in Top Teams. In campo maschile era dal '98 che non si verificava questo dominio assoluto, allora salirono sul tetto d'Europa Modena, Cuneo e la stessa Treviso.
Julio Velasco, lei è il guru del volley italiano: ha allenato la nazionale maschile vincendo tutto, a parte l'Olimpiade, e pure quella femminile. Se l'aspettava questo nuovo dominio incontrastato?
«Mi attendevo che ci fosse da soffrire e così è stato - risponde il tecnico argentino, 46 anni, terzo in classifica con Modena in A1 maschile -. Sono state vittorie, ma complicate, in particolare per Perugia e Sisley, nelle coppe più importanti».
Ecco, secondo lei qual è il segreto di questa nuova alba del volley italiano?
«L'umiltà, abbinata ovviamente alla qualità, intesa come tattica e tecnica. E poi i tanti giocatori stranieri che fanno la differenza».
Nel volley come nel basket, la Russia ha cominciato a investire cifre importanti, perché sotto rete è rimasta a mani vuote?
«In effetti sul piano tecnico tutte le squadre russe potrebbero contrastare le nostre. Non hanno però compiuto il salto di qualità, né a livello di nazionale né di club. Hanno continuato a giocare come una volta, senza adattarsi ai nuovi canoni della pallavolo».
Quali?
«Il gioco si è velocizzato, ma i russi sono rimasti molto lenti. Continuano a basare tutto sul muro, mentre fondamentale è il binomio muro-difesa, come avevano già dimostrato i secondi anni '80. Dapprima ci abbiamo lavorato molto proprio noi, assieme agli Stati Uniti, oggi anche il Brasile. La Russia continua a puntare tutto su battuta e muro, trascurando la difesa. Nei loro giochi difesa e velocità non sono ancora di primo livello».
I campionati di serie A1 di pallavolo sono agli ultimi turni prima dei playoff, Sisley e Perugia sono le naturali favorite per gli scudetti?
«Ci sono anche altre pretendenti, Macerata in primis. Tra le donne altre tre squadre di altissimo livello: Bergamo, Novara e Jesi».
A due anni abbondanti da Pechino 2008, il monopolio italiano nelle coppe induce all'ottimismo anche per le Olimpiadi?
«Questo discorso è disgiunto. Nell'ultimo anno la nazionale maschile non si è qualificata per la World League, per la prima volta ha perso dalla Germania a Napoli quando si giocava il pass per il Mondiale. Si è rifatta vincendo un Europeo molto bello, in casa, ma adesso è più difficile vincere, i rischi non sono circoscritti alle Olimpiadi».
Cosa serve, allora, per resistere ai massimi livelli?
«L'umiltà, lo ripeto. Ogni volta che ne abbiamo persa un po', sia fra i maschi che tra le femmine, siamo finiti in affanno. Più si vince, più umili bisogna restare. Questo in tutti gli sport».
Umiltà, sembra di sentire Arrigo Sacchi, un altro guru come lei.
«Voglio però sottolineare che la pallavolo italiana è sempre rimasta fra le prime al mondo, dall'89 in poi, e questo è già molto. Russia, Olanda e Usa sono state meno continui.

Dunque non è giusto parlare di nuova alba per il volley, poiché un vero e proprio tramonto non c'è mai stato».

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