Il biologico ha spento da poco le sue prime venti candeline; è del luglio del 1991 la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Europea del primo regolamento comunitario. Da allora qualsiasi prodotto commercializzato in Europa che si dica «biologico» (o termini equivalenti come «organico» nei paesi anglosassoni o «ecologico» in Spagna) deve rispettare le regole dell'Unione Europea. Sono paletti molto rigidi sulle norme di produzione, ma anche sull'etichettatura e il sistema di controllo. Il consumatore può riconoscere il prodotto biologico, certificato ai sensi del regolamento europeo, attraverso il logo dell'eurofoglia, che dallo scorso anno è diventato obbligatorio e deve quindi essere presente su tutte le etichette dei prodotti biologici. Se si acquista un prodotto con l'eurofoglia (logo nella foto) si può essere certi che questo è stato ottenuto rispettando un metodo produttivo che mette al bando i prodotti chimici e gli OGM e per il quale sono ammessi soltanto prodotti antiparassitari e fertilizzanti che garantiscono al massimo gli equilibri naturali e la cui ammissibilità viene stabilita dalla Commissione europea. Anche l'allevamento degli animali secondo il metodo dell'agricoltura biologica deve rispettare il benessere animale e gli stessi prodotti utilizzabili per la zootecnia sono molto limitati. Regole molto ferree sono stabilite anche per la trasformazione nell'industria agroalimentare. Tutti i produttori, trasformatori e distributori che trattano prodotto biologico devono essere regolarmente sottoposti a un regime di controllo e certificazione. In Italia tale sistema è affidato a organismi di certificazione privati e indipendenti, il cui operato è vigilato dalla pubblica amministrazione: Ministero delle Politiche Agricole e Amministrazioni regionali.
I produttori bio sottoscrivono impegni particolarmente gravosi, aumentano i rischi di perdere produzioni, aumentano i costi (fertilizzanti e mezzi tecnici), aumentano le incombenze burocratiche legate alla certificazione.
VENTANNI DI DIRETTIVA UE
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