Viaggio tra i mille sali del mondo

Paolo Marchi

Ora che giornali, internet e tivù sono afflitte da bulimia informativa e non si fermano mai, anche quando il silenzio sarebbe d’oro, si può leggere tutto e il contrario di tutto nel giro di poco tempo, anche a tavola e in cucina. Del sale si può leggere che meno ne usi meglio è, per la salute, ma nello stesso tempo non si è mai registrata un’offerta talmente varia come ora di sali di qualità. Fino a non molti anni fa, il sale o era fino o era grosso, stop. Poi si è scoperto il sale francese di Guérande, il primo di una collana che comprende ogni angolo del pianeta, vette himalayane comprese.
Una delle tre capitali italiane del sale è in Romagna, una Cervia in provincia di Ravenna che sulla carta geografica sembra un’isola, senza esserlo affatto. Però appare lo stesso come se fosse circondata dall’acqua salata. L’Adriatico davanti, 9 chilometri di spiaggia e le saline alle spalle, 827 ettari, quasi tre volte tante la superficie a pineta che risulta di 300. E il sale sta rivelandosi un’attrazione in più per il turismo, oltre che un’occupazione per alcune decine di persone che hanno riportato in auge un complesso di canali e di vasche che in Adriatico trovano una realtà cugina ben più a Sud, a Margherita di Savoia in Puglia. Poi la tradizione siciliana, tra Trapani e Marsala, pieno Mediterraneo.
Lavoro duro anche oggi, ovunque, nonostante l’abbondante ricorso a mezzi meccanici, con Cervia che si vuole distinguere per qualità del prodotto e che si celebrerà il 10 e 11 settembre con la Sagra del Sale, nel corso della quale si rinnoverà il rito della rimessa del sale, armesa de sel per dirla in dialetto, la raccolta esplicitamente a mano e il trasporto fino ai Magazzeni del sale con la burchiella, l’antica imbarcazione dei salinari. E come contorno lo stand del Circolo dei Pescatori con super grigliate di mare condite con il locale sale dolce, il mercatino (da provare il cioccolato salato) e i chioschi che venderanno in via speciale la piadina al sale.
Lavorare in salina è impegno da sport estremo, senza l’accompagnamento di sponsor e lustrini. Chi volesse farsene un’idea, può tornare a Cervia il 19 per A piedi nudi sul sale, le saline aperte al pubblico che avrà l’opportunità di camminare in un bacino immergendo i piedi nel sale. Per informazioni sulle manifestazioni 0544.974400, www.comunecervia.it, mentre la società che gestisce le saline risponde allo 0544.971765. La migliore? È pure l’unica sopravvissuta intatta delle 150 che un tempo formava il complesso delle saline cervesi La Camillone, 0544.71270, aperta giovedì e domenica.
Non un sale, bensì i sali di Cervia. Il più comune è quello dolce o grosso. Al suo opposto, ecco il salfiore, raccolto a mano con dei retini, è un sale fino chiamato anche il sale dei papi che quest’anno verrà millesimato e venduto al top come riserva 2005, può valere 24 al chilo. E ancora la Riserva Camillone, raccolto a mano e una teoria di prodotti aromatici per consire cerne o pesce. La Romagna è terra di un piccolo capolavoro come la salamoia, intesa come sale grosso tritato con salvia, rosmarino e spicchio d’aglio, la si fa a casa propria in tre secondi e cambia il sapore a qualsiasi grigliata, uova, spadellate varie.
E siccome di solitudine si muore, ecco Cervia lanciare l’idea di una sorta di Via del Sale europea, una linea che unisca altre città del sale. In attesa delle risposte di Margherita di Savoia e di Trapani, tra una settimana parteciperanno a un convegno sul tema i rappresentanti di Aigues Mortes nella Camargue, di Torrevieja in Spagna e di Avejo in Portogallo. Non rientra (ancora?) nella strada Guérande in Francia che però sarà presente all’evento di Cervia.
Sono sono alcuni momenti di una «sale-passione» che contamina cuochi e ghiottoni. Ad esempio in Gran Bretagna furoreggiano il Maldon Crystal Salt, www.maldonsalt.co.uk, e gli Halen Môn, sali, alcuni speziati piuttosto che affumicati, dell’isola gallese di Anglesey, www.seasalt.co.uk. Chi non riesce a cogliere il lato gioioso della cucina, chi non è capace di godere dell’incredibile varietà di prodotti in natura, farà fatica a catturare l’essenza di questa materia prima, la delicatezza di sale che profumano i piatti quasi senza salarli, almeno non come comunemente inteso. Chi sala tanto, con il generico sale da «sali & tabacchi», pensa di dare gusto a una pietanza, invece la uccide e stop. Purtroppo troppi ingredienti oggi sono plasticosi e piatti, e quasi esigono di essere coperti di sale perché sappiano di qualcosa. Errorissimo.
I sali multicolore e multisapore aggiungono note soavi a carni, verdure o pesci che così si completano ed esaltano. Prendiamo la Tecnitron di San Vito dei Normanni (Brindisi): il suo Sale della Vita, www.saledellavita.com, è l’importazione di un arcobaleno di sali da far perdere la testa al golosone raffinato. Sono nove, suddivisi in tre categorie. Naturali: Celtico o di Guérande, di Cipro e dell’Algarve a Rio Formosa, un sale vincitore del premio Slow Food per la bio-diversità nel 2001. Gli aromatizzati: Danese (è affumicato), Marino speziato (è quello cipriota, arricchito di coriandolo, paprika...) e alle alghe dell’Atlantico. Infine i sali gormet: Fleur de Sel bretone, il suo cugino dell’Algarve e infine l’Alaea, il sale hawaiano, ricco di ferro che spiega il solore rosso.
E tra Trapani e Marsala ecco i cristalli della Sosalt, www.sosalt.com, raccolto nelle saline Ettore e Infersa come quello battezzato Soffi di Trapani.

È l’investimento SoleMareVento della famiglia D’Alì Staiti davanti all’isola di Mothia, una sorta di agriturismo salino. E non si pensi che l’elenco finisca qui. Se vi parlano di sale rosa è quello dell’Himalaya, da macinare come fosse parmigiano, e il Tata? Indiano.

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