Controcultura

VITTORIO EMANUELE II

I Savoia sono una dinastia che ha sempre dovuto giocare di sponda. Come raccontano oggi a Gorizia, al festival èStoria, Alessandro Barbero e Gianni Oliva. Afferma Oliva: «I Savoia sono stati sulla scena politica europea a partire dall'XI secolo, novecento anni di continuità dinastica, cinquanta generazioni dentro le quali c'è di tutto, dai personaggi illustri a quelli opachi... Ad aver caratterizzato la dinastia è stato il governare un territorio alpino con all'interno due passi fondamentali: quelli del Cenisio e del colle del Gran San Bernardo. Controllavano una via di comunicazione fondamentale sia per il commercio che per le guerre». E questo ha fatto sì che fossero una dinastia caratterizzata dall'impegno militare, ma anche da un alto livello di diplomazia. Oliva e Barbero lo dicono usando quasi le stesse parole. Una dinastia mai davvero determinante sul campo di battaglia, ma sempre capace di rivelarsi un alleato prezioso. E anche un alleato in grado di cambiare rapidamente posizione. I Savoia hanno spesso cambiato bandiera, barcamenandosi tra la Francia e gli Asburgo sia di Spagna che d'Austria. Secondo Oliva hanno avuto «l'incredibile capacità di finire le guerre sempre dalla parte del vincitore, una lungimiranza diplomatica incredibile».

Una lungimiranza venuta meno con l'appoggio al fascismo e soprattutto con l'8 settembre 1943. Oliva: «Il primo errore di Vittorio Emanuele III è stato non intervenire all'epoca dell'omicidio Matteotti. Il secondo è stato la gestione sbagliata dell'armistizio con gli alleati culminato con lo sbandamento dell'8 settembre. Attenzione, l'errore non fu abbandonare Roma, cosa che poteva essere comprensibile, ma non aver organizzato in nessuna maniera la resistenza alle truppe tedesche». E anche così un pezzo del Paese, soprattutto quel Sud che oggi si vagheggia neoborbonico, restò fedele alla dinastia se non a Vittorio Emanuele III.

MSac

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