Controcorrente

"Voglio fare il missionario" Il vescovo pentito che ha scelto l’Honduras

"Voglio fare il missionario" Il vescovo pentito che ha scelto l’Honduras

N ella valigia poche cose (come si addice a un uomo di chiesa) e tanti ricordi (come si addice a un uomo di mondo). Non basta una frase per rendere il senso di una nuova vita, nella speranza che diventi una vita nuova. Ma lui ci ha provato: «Vi comunico la mia rinuncia, non sarò più vescovo di questa diocesi. Torno a fare il missionario. Andrò in Honduras». Di fronte ai suoi sacerdoti stupiti riuniti in episcopio, il vescovo di Melfi-Rapolla-Venosa (tre paesi in provincia di Potenza), Gianfranco Todisco, 4 anni prima rispetto alla scadenza naturale stabilita dal diritto canonico (e cioè al compimento del 75esimo anno), ha comunicato che «non sarà più il loro pastore». Troppo forte il «desiderio di riabbracciare la missione». Una specie di «pentimento» (virtuoso) che Papa Francesco ha accolto con le lacrime agli occhi, non limitandosi a dare il consenso ma esprimendo la sua «vicinanza» per una «scelta che riempie il cuore di gioia». E così mentre ci sono vescovi animati da sete di potere, ce n’è uno che dal primo luglio ha ottenuto di essere «retrocesso» a parroco per sete di povertà. Un’esigenza che monsignor Todisco aveva già avvertito in Nord e Sud America (principalmente tra Canada e Colombia), prima di diventare parroco in Calabria e, una volta ordinato vescovo, guidando per ben 14 anni la diocesi lucana. Un lungo periodo durante il quale non ha mancato di entrare - spesso a gamba tesa - su importanti temi sociali. Finì, ad esempio, sulle prime pagine dei giornali la lettera che il vescovo spedì a Sergio Marchionne chiedendo che ai lavoratori Fiat di Melfi (qui la casa automobilistica torinese ha uno dei suoi più grandi stabilimenti) fosse «concessa l’opportunità di non lavorare la domenica per poter santificare la festa e stare insieme ai propri familiari». Grande eco mediatica ebbe anche la «sospensione per tre anni» che Todisco fece dei padrini e delle madrine durante la celebrazione di nozze, cresime e battesimi: «Una figura, quella del padrino e della madrina - spiegò Todisco - che rischia ormai di trasformarsi in una consuetudine priva di un vero valore cristiano. A volte la scelta è di pura circostanza. Tante volte ho sentito dire che la gente si sposa in chiesa perché assicura un effetto scenografico oppure per non creare un dispiacere ai famigliari». Anche pochi giorni prima di trasferirsi dall’altra parte del mondo Todisco si è guadagnato la ribalta dei media, denunciando un presunto giro di mazzette che sarebbero state incassate da sindacalisti infedeli in cambio della promessa di assunzioni e sospendendo un prete della sua - ormai ex - diocesi che aveva fissato un «tariffario» per celebrare matrimoni, comunioni, cresime e battesimi. Un sant’uomo - ma assai «tosto» - monsignor Todisco («macché monsignore, eccellenza o eminenza. Chiamatemi sono Padre Gianfranco»). A novembre scorso Todisco rivela la sua volontà al Papa scrivendogli una lettera: «Santo Padre, sono disposto ad andare ovunque Ella riterrà opportuno inviarmi, anche nelle sedi più lontane e disagiate, nelle “periferie“ della Chiesa che continuamente Ella ci ricorda di non trascurare». Francesco risponde con un breve biglietto: «Caro fratello, oggi ho letto la tua lettera. Grazie tante. Mi ha fatto bene. Ci penserò, pregherò e cercherò una risposta “concreta“». Ora quella «risposta concreta» è arrivata. Per «padre Granfranco» il Pontefice ha scelto la «missione in Honduras». «Il 13 dicembre - racconta Todisco - il Papa mi telefonò e mi chiede se ero ancora disposto a partire. La mia risposta fu sì. Vi lascio immaginare l’emozione ma anche la gioia di tornare in missione. Il vero e unico motivo della mia richiesta al Papa è stato sempre lo stesso: dedicare alla missione tutte le mie energie che, nonostante l’età, sono ancora buone e possono ancora fare tanto bene». Nel suo racconto al giornale online vulturenews.net «padre Gianfranco» ripercorre la sua «improvvisa chiamata a vescovo»: «Ero sacerdote nel cosentino quando arrivò la decisione di guidare la diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa. Ho accettato perché quella doveva essere la volontà del Signore ma non ho mai dimenticato le mie origini di “discepolo-missionario”, per utilizzare una bella espressione di Papa Francesco». Todisco viene dai Catechisti Rurali, detti anche Ardorini, che si sono contraddistinti per aver portato il messaggio cristiano soprattutto nelle campagne; tra i giovani e i poveri, le due categorie che tanto spesso Papa Francesco richiama nei suoi discorsi. «È vero - risponde il vescovo -, per Bergoglio lo spirito missionario è alla base del nostro “lavoro“ di testimoni della parola di Cristo. In passato sono stato 12 anni in Canada e 9 anni in Colombia, cercando sempre di mettermi al servizio della comunità. Lo farò anche in Honduras». Sempre con l’obiettivo di portare l’opera di rinnovamento di cui è protagonista Francesco: si pensi alla comunione per i divorziati e a una maggiore presenza della donna nella Chiesa. «Attenzione - precisa Todisco -. Il Papa non ha mai detto “I divorziati possono prendere la comunione“. Francesco ha detto “Diamo la comunione ai divorziati a patto che ci sia pentimento”. Sono due cose diverse». Tra le battaglie di Todisco c’è stata anche quella contro una certa idolatria pagana travestita da devozione religiosa. «Ho tentato di far capire a certe comunità - ricorda il vescovo - come l’usanza di appendere soldi sulle statue dei santi o della Madonna sia una pratica scandalosa. Ho scoperto che spesso i soldi non venivano nemmeno impiegati per il bene della comunità e della Chiesa ma per pagare il cantante di grido, le luminarie, i fuochi pirotecnici. Su questo ho voluto mettere un punto fermo». Prima della sua partenza per l’Honduras, l’ultimo appello di Todisco è stato per i giovani: «A loro dico: se il lavoro viene meno, se incontrate ostacoli, non vi scoraggiate. Siate creativi, inventatevi qualcosa. Non vi abituate all’idea di poter avere tutto e subito perché non è così. Non correte dietro al personaggio di turno che garantisce raccomandazioni, rincorrete piuttosto i vostri sogni». Una «rincorsa» che può riprendere anche a 71 anni, l’età di «padre Gianfranco». Che già da qualche settimana è a Tegucigalpa. Nella sua nuova missione. Tra i poveri.

Una grande ricchezza.

Commenti