Roma

Zacharias dirige un Beethoven per tutti i gusti

Pietro Acquafredda

Per fortuna che Beethoven tiene ancora banco, in una stagione come quella dell’Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma rivolta prevalentemente ai giovani dell’Università; ai quali sembra voler suggerire che la più grande novità, cercata spesso chissà dove, sta innanzitutto nei classici, nei grandi capolavori senza tempo, che, per la musica, recano prima di ogni altro la firma e l’impronta di Beethoven. Messaggio che si rende necessario per i frequentatori di una stagione musicale, sessantunesima della IUC, nella quale i troppi diversi capitoli della programmazione che rimandano alle molte teste cui essa è affidata, potrebbero generare una qualche confusione, e precludere ogni giudizio di qualità. E comunque all’ennesimo noioso e stantio lavoro finto oratoriale di Piovani - perché è così presente alla IUC? non basta il cinema? - è da preferirsi di gran lunga Beethoven. Anche proposto da un gruppo come l’Orchestre de Chambre de Lausanne, con il suo direttore stabile Christian Zacharias, di cui conosciamo ovviamente il nome, neppure tanto glorioso se rapportato alla lunga esistenza; ma che non abbiamo mai ascoltata dal vivo, e nelle rarissime volte in disco, senza che la nostra mente vacillasse per la folgorazione.
Si tratta comunque di una buona orchestra - ma forse al suo livello ce n’erano anche delle italiane, con il vantaggio che, preferendole, si dava una boccata d’ossigeno in più ai nostri musicisti - ed ogni giudizio va comunque rimandato a concerto avvenuto e le sorprese, possibili, sono sempre ben accette.
Il programma allinea composizioni scritte a cavallo fra il Sette-Ottocento, alcune poco eseguite. Prima parte: «Le creature di Prometeo», suite dal balletto rappresentato nel 1801, coreografo il grande Salvatore Vigano; «Primo concerto per pianoforte e orchestra», solista e direttore Zacharias, più spesso ascoltato in Italia soprattutto in veste di pianista. Pausa. Seconda parte: Sinfonia n. 4. In poche parole, il primo ma già grande Beethoven: musicista che ha presenti gli esempi di Haydn e Mozart, ma che all’improvviso sa già spiazzarti, come riesce a fare nell’allegro finale (rondò) del suo Concerto, fuori di ogni norma e modernissimo per concezione ritmica; o come nella sinfonia, «slanciata come una fanciulla greca fra due giganti nordici» (Terza e Quinta sinfonia), secondo la felice immagine di Schumann, messi da parte i toni eroici delle sorelle maggiori vicine.
La stagione, articolata nelle due serie «Calliope» e «Minerva» (rispettivamente il sabato pomeriggio e il martedì sera) andrà avanti fino ad aprile, quando la concluderà il «Requiem» di Mozart.

Nel suo corso, anche un ben congegnato quanto doveroso omaggio a Sandro Vegh, che alla formazione dei giovani musicisti ha dedicato parte della sua vita.
Aula magna dell’Università La Sapienza. Domani (17.30); domenica (20.30). Biglietti: da 10 a 30 euro. Facilitazioni per studenti e professori dell'Università.
Informazioni: 06.3610051 - 52

Commenti