Quando dalla cronaca si passa allanalisi e i commenti e gli studi cominciano ad abbondare, di solito significa che il peggio è passato. In effetti, la violenta oscillazione delleconomia mondiale ha fornito agli accademici materiale per un vero e proprio laboratorio «dal vero». Fra i tanti studi in corso, risulta interessante il confronto fra il calo del Pil e il reddito disponibile delle famiglie, che consente di misurare sia la sofferenza reale dei cittadini (il Pil non è commestibile) che gli aspetti psicologici del risparmio e dei consumi. Ieri allUniversità Cattolica di Milano, leconomista Fedele De Novellis ha presentato uno studio dal quale si evince che il reddito delle famiglie italiane è calato di meno dell1% a fronte di una discesa del Pil di quasi il 5%. Al di là delle opinioni, abbastanza condivisibili, degli estensori dello studio, è interessante capire il perché di questa forbice, dato che dal superamento delle particolarità italiane dipende la nostra capacità di sfruttare al meglio la futura ripresa economica.
Una prima spiegazione investe la capacità dello Stato e delle imprese di assorbire gli effetti della recessione senza ribaltarla immediatamente sulle famiglie. In effetti il grande numero di lavoratori e pensionati che, direttamente o indirettamente, vede il proprio reddito garantito dalla spesa pubblica in Italia è determinante, così come sono conosciute le tutele al lavoro dipendente privato. Non si tratta però di un aspetto del tutto positivo, perché a fronte di questo effetto calmierante del danno da crisi, quando leconomia ripartirà, ci ritroveremo i ben noti problemi dellinefficienza indotta dalla garanzia del lavoro e della difficoltà di contenimento della spesa.
Un altro aspetto riguarda invece la propensione al risparmio, ed è forse quello maggiormente collegato alla psicologia della crisi e alla giusta avversione del governo nei confronti di chi continua a diffondere panico basandosi su numeri ormai superati e su previsioni spesso sballate. Lindole prudente del cittadino medio italiano lo spinge ad aumentare il livello di risparmio (storicamente fra i più alti al mondo) in occasione di fasi economiche o sociali incerte. Il risparmio è un bene perché il «fieno in cascina» è una grande ricchezza del nostro tessuto civile ma daltra parte ridurre i consumi per risparmiare non aiuta certo a uscire dalla recessione. Ecco perché abbiamo più bisogno di ottimismo che di incentivi e sussidi. Lesercizio non è semplice: occorre tenere solo il buono della nostra situazione particolare minimizzandone gli aspetti negativi.
Daltra parte la casistica degli errori da studiare e da non ripetere sta cominciando a diventare significativa; primo fra tutti lesempio di un Paese con interessanti similitudini per esportazioni, tasso di risparmio e debito pubblico: il Giappone.
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