Roma, una fabbrica operativa 24h su 24, gli illeciti traffici dei rom

Sono pronti i dossier con i risultati delle indagini condotte dai vigili urbani di Roma: saranno presto a disposizione della procura

Roma, una fabbrica operativa 24h su 24, gli illeciti traffici dei rom

Una vera e propria industria del riciclo e dello smaltimento abusivo di rifiuti, quella che sta emergendo dalle indagini dei vigili urbani di Roma, i cui risultati saranno presto a disposizione della procura.

Un’autentica miniera d’oro nelle mani degli occupanti dei campi rom, che gestiscono flussi di traffici illeciti di cui riescono a massimizzare i profitti, anche a costo di inquinare ed intossicare le aree occupate. E tutto questo nonostante la resistenza opposta dalle forze dell’ordine, che possono solo tentare di arginare il fenomeno con gli strumenti che la legge mette loro a disposizione. Qualche sgombero, qualche denuncia, qualche fermo, ma dopo pochi giorni di calma apparente tutto torna come prima e l’industria abusiva di turno riapre i battenti.

Senza dimenticare che gli stessi rom sono diventati un affare per chi vuole risparmiare sui costi e sui tempi dello smaltimento dei rifiuti, aggirando tutto il complicato iter burocratico previsto dalle leggi statali, in particolar modo per i rifiuti speciali o tossici. È proprio questa l’origine dei roghi tossici di cui continuano ad esserci quotidiani esempi nelle zone di periferia della Capitale.

Con tariffe al ribasso rispetto ai prezzi previsti da chi opera nella legalità, i rom, disponibili anche ad effettuare dei ritiri “a domicilio”, allestiscono le pire sulle quali ridurre in fumo i rifiuti per cui sono stati pagati. I prezzi possono variare dunque, a seconda dei servizi forniti, dai 10 ai 40 euro, e non si tratta dell’unica fonte di guadagno dei nomadi. Questi ultimi, infatti, si occupano di ripulire gli scarti di tutto ciò che può essere riutilizzato e rivenduto, per produrre quindi un duplice profitto: si va dai pezzi di ricambio ai fili di rame, fino ad arrivare al piombo, estratto dalle batterie esauste. Con i furti mirati, poi, si ingrossa ulteriormente la quantità di materiale da riutilizzare o da rivendere. I metalli restano al primo posto, specie la ghisa ricavata dai tombini, spesso letteralmente smurati, e soprattutto l’“oro rosso”, ovvero il rame, estratto ovunque possibile. Nessun posto è al sicuro, i ladri si spingono fino a depredare le linee elettriche dei cimiteri.

Una volta ripulito dalle guaine che lo rivestono, il rame viene fuso ed è pronto per essere rivenduto in Italia o addirittura all’estero, non solo nei paesi dell’Est Europa come la Romania ma anche in Asia. Il valore del prezioso metallo è in continua crescita, dato che si va da un minimo di 4 fino ad un massimo di 7 euro per chilo.

Dopo la chiusura del River non sono assolutamente diminuite le pratiche illecite dei nomadi, che si sono divise tra gli altri campi presenti nella periferia di Roma: solo per citarne alcuni, tra quelli indagati risultano la Barbuta, Castel Romano, Salone e Candoni.

Gli investigatori raccontano su “Il Messaggero” delle febbrili e incessanti attività pullulanti negli accampamenti: “Sono piccoli fortini dell' illegalità: c' è chi si occupa di droga, quello che nasconde le armi per conto di altri, chi fa il conto giornaliero dei bottini che arrivano dai borseggi. Chi affitta container a famiglie non autorizzate. Insomma la lista è davvero lunga”.

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